L’improbabile diventa possibile. Newt Gingrich stasera può vincere le primarie repubblicane in South Carolina. Ciò che pochi potevano immaginare una settimana fa rischia di accadere adesso. I sondaggi dicono che le urne del Palmetto State premieranno l’ex speaker della Camera contro quello che tre-quattro giorni fa era il candidato ampiamente favorito, Mitt Romney. Dopo aver incassato l’appoggio di Rick Perry, Gingrich s’è giocato la carta dell’attacco alla stampa di sinistra, filo-obamiana, accusandola di proteggere il presidente, e attaccare con ogni pretesto ogni candidato repubblicano.
In questo modo ha rivatilizzato la sua base e una campagna che fino a poco tempo fa sembrava completamente spenta. Romney c’ha messo del suo, ovvio. Succede, sì. Solo che se succede con uno come Gingrich, allora capita anche che il vento giri a sfavore.
L’ex speaker, secondo tutti gli analisti, ha stravinto l’ultimo dibattito: s’è definito un «grandioso», capace di «pensare alla grande», ha parlato di sé come uno in grado di sconfiggere il comunismo e l’Unione Sovietica, s’è sostanzialmente impossessato dello spirito patriottico dell’era di Ronald Reagan, riconquistando l’orgoglio e l’amor proprio di tanti conservatori. E ora si candida a fare sul serio. La storia è dalla sua parte. «Il nostro motto è «Noi scegliamo i presidenti», racconta soddisfatto Chad Connelly, il presidente del partito repubblicano di questo Stato. E a ragione, visto che dal 1980 nessun repubblicano ha mai vinto la nomination senza prima aver conquistato il South Carolina. Brutta storia per Romney, che ieri ha anche letto l’ultimo sondaggio nazionale fatto da Gallup: l’ex governatore del Massachusetts è in calo di 17 punti. È l’inerzia negativa che si specchia in quella positiva di Gingrich, il quale è invece è in risalita nella considerazione degli elettori repubblicani degli interi Stati Uniti.
Con l’eventuale vittoria di stanotte, Newt sfrutterà il momento per andarsi a prendere la Florida, dove si vota il 31 gennaio e dove Romney sperava di chiudere definitivamente la partita delle primarie (in caso di vittoria anche in South Carolina, ovviamente). Nello Stato del sole, allora, si combatterà una sfida fondamentale, ma probabilmente non più decisiva come si poteva ipotizzare qualche tempo fa: le primarie da lì diventerebbero potenzialmente lunghissime.
Avete presente la sfida infinita Obama-Clinton di quattro anni fa? Ecco, una cosa analoga, ma parti invertite: con i
repubblicani a scannarsi fino all’ultimo secondo. Grande prova di democrazia, sì. Con un rischio enorme: quello di perdere di vista l’avversario vero. Cioè il partito democratico. Cioè il presidente.Twitter: @giudebellis
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