«Io e Cochi abbiamo conosciuto Beppe Viola grazie a Enzo Jannacci che allepoca abitava nella mia stessa via», ricorda Renato Pozzetto, che lo frequentò a lungo nei primi anni Sessanta.
Cosa combinavate allora?
«Era il periodo prima del Derby, la sera con Beppe frequentavamo lOsteria delloca doro frequentata da pittori come Crippa e Fontana, il Club 64 e di giorno Gattullo, che era già una notissima pasticceria dove si incontrava gente famosa e personaggi bizzarri. Spesso il proprietario ci lasciava la cucina e lì preparavamo la pasta, larrosto. È stata la palestra del Derby. Beppe era un gran battutista».
Quando avete iniziato a collaborare?
«È stata una cosa molto spontanea; allinizio eravamo amici da bar, poi abbiamo cominciato ad usare quel linguaggio surreale che ci ha portato fortuna. Al Derby le serate erano un fuoco dartificio allinsegna dellimprovvisazione e lui non si tirava mai indietro. Sapeva sempre colpire con la battuta, sia comica che al vetriolo. Quel linguaggio noi lo usavamo nel cabaret, lui lo ha importato nello sport. Prendevamo spunto dai personaggi che incontravamo nella realtà di tutti i giorni e dalla scuola di Dario Fo».
E poi?
«Le nostre strade si sono un po divise; lui scriveva i testi di alcune canzoni ma era impegnato a inventare un nuovo modo di fare le cronache sportive. Lultima volta che lavorammo insieme fu una Canzonissima, dove lui era tra gli autori».
E le bisbocce insieme?
«Eravamo liberi e disperati. Allinizio passavamo tutte le notti nei locali, ma lui e Jannacci erano già famosi, io e Cochi dovevamo fare strada. Poi lui amava le scommesse sui cavalli che proprio a me non andavano giù; lui impazziva io non provavo nessuna emozione. Anche lo sport non lho mai seguito molto, sono milanista allacqua di rose».
Quindi come lo ricorda?
«Un personaggio naturalmente simpatico che ha portato il cabaret nello sport.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.