Il principino candidato parla di valori, cioè soldi

Ill.mo dott. Granzotto, ho tante domande per Lei. Se il principino Savoia, che poi non è neanche principino, si presenta alle elezioni all’estero, perché fa la conferenza stampa a Milano? Aveva detto che lasciava la Svizzera (dove diceva di stare meglio) per l’Italia. Per essere eletto all’estero oltretutto, non dovrebbe essere residente all’estero? Un’ultima domanda: cosa ci fa Mariano Turrisi, arrestato in Francia per mafia, ancora oggi sulla brochure di Valori & Futuro che si trova in rete?


Il principino porta un tocco salottiero, svagato, se non proprio svampito, alla consultazione elettorale, caro Cappa. Alla quale partecipa come fosse un gioco di società, di quelli in uso al bar del Palace di Gstaad: «Oggi giochiamo a fare il senatore, chi ci sta?». Lui ci sta, perché a fare il senatore si guadagna un mucchio di soldi, ché quelli non bastano mai, con quel che costa lo champagne al Palace e il condominio all’isola di Cavallo. E così si è buttato nella mischia, il principino, andando dicendo che «in qualche modo» la sua candidatura «dà un messaggio preciso». Che ha intenzione di «arrivare in Parlamento», come si arriva allo yacht club, «per dare voce agli italiani nel mondo». Lui. Va anche dicendo d’essere felice di stare in Italia, ma che vorrebbe «fare di più, se me lo lasceranno fare». Forse si vede già ministro o magari qualcosa di meglio. Chi può sapere cosa ronza nella zucca dei principini? Intanto gli dà dentro con i valori, contribuendo a deprezzare la già svalutatissima espressione (quando penso all’«Italia dei Valori» di Totonno Di Pietro subito mi viene in mente, in quanto a valore, la Mercedes). Ormai i valori, «condivisi», «fondanti» o «non negoziabili» che siano, si vendono sciolti o a pacchetti: cosa sarà mai, dunque, se anche il principino si mette a smerciare i suoi?
Però, siccome noblesse oblige, Emanuele Filiberto non li sbologna dove capita capita, ma a Ginevra (che già una volta diede grossi dispiaceri ai Savoia, i quali se ne volevano impadronire ma furono cacciati a bastonate e a pignattate. Dovrebbe tenerne conto). Ed è lì, a Ginevra, città di Calvino e di banche, che intenderebbe «dare un contributo agli italiani che hanno sofferto». Ora, è chiaro che uno è libero di far quel che gli pare, ivi compreso candidarsi al Parlamento. Se il principino fosse sceso in campo per difendere, visto che c’era, anche i valori dell’istituto monarchico, che di riffa o di raffa ha mandato avanti il mondo per qualche millennio consegnandocelo poi non così male, nulla da eccepire. Non è certo la persona più adatta e attrezzata per una simile impresa, però, almeno, è del giro. Ma questo qui vuole, a Ginevra, farsi interprete e paladino degli «italiani che soffrono» e la faccenda, non so come la pensi lei, caro Cappa, sa di presa per i fondelli. Fondelli nostri, di noi popolo sovrano, e fondelli delle istituzioni.

E viene il sospetto che al pari di un altro centinaio di titolari di simbolini e listerelle ufficialmente presentate, al grido di battaglia di «accà nisciuno è fesso» egli corra per poter eventualmente partecipare alla grande abbuffata dei 425 milioni di euro stanziati per i rimborsi elettorali. Garantendosi in tal caso e i «Valori» e quanto meno un po’ del «Futuro» che campeggiano nel suo blasone di candidato.

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