Il processo al Genoa riparte dalle «solite» intercettazioni

Piero Pizzillo

Inizia il processo. Quello vero, quello che ormai conta di meno. Enrico Preziosi e il Genoa della promozione in A, il Genoa della vittoria sul Venezia, da oggi saranno alla sbarra in un tribunale penale, con tutte le garanzie e i diritti di cui devono godere gli imputati. Accusati di frode sportiva proprio per la gara che aveva regalato due giorni di serie A ai tifosi, i dirigenti rossoblù e quelli del Venezia oggi in realtà potrebbero persino non essere neppure in aula. La prima udienza è di quelle riservate alle eccezioni, alle richieste degli avvocati. E proprio questo sarà l’unico tema di interesse della giornata.
Gli avvocati del Genoa ripartono all’attacco delle famose intercettazioni telefoniche. Carlo e Alfredo Biondi, che insieme al collega Andrea Vernazza assistono Enrico e Matteo Preziosi e l’ex direttore generale Stefano Capozucca (assistito anche da Lorenzo Crippa, non hanno dubbi. «Per un reato come quello oggi contestato della frode sportiva non si possono utilizzare i testi ottenuti grazie all’ipotesi di reato di associazione a delinquere che ora è decaduta e destinati anche ad altre inchieste», sostiene Carlo Biondi. Che ovviamente conta di ottenere una risposta più garantista di quella riservata lo scorso anno dagli organi di giustizia sportiva.
C’è poi la questione della competenza territoriale. Il processo potrebbe anche emigrare a Monza se venisse riconosciuto che il reato sarebbe stato eventualmente commesso a Cogliate (lì venne fermato Pino Pagliara con la famosa busta contenente i 250mila euro e il contratto di Maldonado). Ma questa eccezione non rientra al momento tra i piani dei difensori del Genoa. «Non pensiamo di sollevare la questione - conferma Biondi -. Eventualmente se lo faranno altri colleghi, valuteremo il da farsi». E i colleghi che potrebbero chiedere di togliere il processo ai magistrati genovesi sono quelli che difendono i «veneziani» Franco e Michele Dal Cin, oltre all’ex dg veneto Pino Pagliara.

La procura di Monza, tra l’altro, si era già in parte espressa sul caso-Genoa, quando aveva ordinato il dissequestro dei soldi, non ravvisando l’ipotesi di reato di appropriazione indebita. Ma anche questa è storia di un anno fa. Tutto era diverso

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