Il Prof minaccia le elezioni neanche lUnione ci crede
22 Luglio 2006 - 00:00Messaggio per Rifondazione: non penso ad allargare la maggioranza. Giordano applaude, lUlivo frena: «Voto anticipato? Un suicidio»
da Roma
Lintervistona di Romano Prodi al Corriere della Sera è stata balsamo sulle ferite di Rifondazione.
Non tanto per il fatto che il premier trovi molto «sexy» la sua scombiccherata maggioranza appesa agli umori del sudamericano Pallaro o dei trotzkisti e allo stato di salute dei senatori a vita, ché quelli sono gusti molto privati. Quanto per la rassicurazione che Prodi ha messo nero su bianco per Fausto Bertinotti e i suoi: «Voglio chiarire che la mia maggioranza risponde ad un disegno politico, e se il mio governo perde si va a votare. Sono stato chiaro?». Chiarissimo: Prodi non ha intenzione di inaugurare ora la stagione degli «allargamenti». Tantè che il segretario Prc Giordano applaude: «Condivido integralmente la sua contrarietà allallargamento dellUnione». E Marco Follini spara: «Prodi non è Luigi XIV e non può dire: la legislatura sono io. Se dovesse cadere il governo, non credo proprio che il Parlamento debba alzare le mani». Mentre il ministro ds Chiti rafforza la minaccia prodiana, nella speranza che serva a serrare le file nellormai probabile voto di fiducia: «Se si dimostra che la maggioranza non cè, è finita. Si torna al voto».
In realtà, neppure nel centrosinistra qualcuno crede veramente che il voto anticipato sia lo sbocco obbligato di una crisi: «Tornare alle urne ora sarebbe un suicidio collettivo per lUnione», riassume un dirigente dellUlivo. È chiaro però che Prodi è intenzionato a giocarsi tutto, e che chi nel centrosinistra, in caso di caduta, provasse a sostituirlo con nuove maggioranze si troverebbe davanti lex premier sulle barricate, alla testa del famoso «popolo delle primarie». Nel Prc hanno letto nellintervista la dichiarazione damore che attendevano, limpegno a mantenere lasse con la sinistra radicale su cui è stata fondata lUnione e a non modificare la maggioranza per rendere innocua la loro presenza. «Che è poi il disegno politico su cui lo incalzano quegli ambienti dellestablishment che si esprimono attraverso alcuni grandi giornali, Corriere in testa», nota il ministro Paolo Ferrero, unico rappresentante bertinottiano nel governo. Un disegno che a suo parere non prevede la «sostituzione» di Rifondazione né la sua estromissione (anche perché i senatori Udc, per dire, sono meno di quelli Prc e Prodi si troverebbe messo peggio di prima), ma la sua sterilizzazione: «Potrei pure restare ministro, anche con una nuova maggioranza, tanto la nostra presenza a quel punto sarebbe solo folkloristica», ironizza Ferrero.
E in più, nelle dichiarazioni di Prodi il Prc ha anche visto la sospirata apertura verso quel voto di fiducia sullAfghanistan che il premier non vorrebbe proprio mettere, ma cui alla fine si dovrà probabilmente piegare. Come fanno capire anche le sue esternazioni di ieri sera alla tv svizzera: «Sono certo che la maggioranza supererà compatta il voto al Senato», assicura il premier, ben sapendo che per sperare di tenerla compatta ha solo quello strumento. E sulla fiducia Prodi si mostra ottimista, almeno in pubblico (in privato, il premier non fa che sondare i capigruppo e il ministro Chiti per farsi fare e rifare i conti, col terrore che alla fine non tornino): «Il governo non è in pericolo.