nostro inviato a Bruxelles
No, non è il Vendola della Vallonia. Elio Di Rupo è molto più duro e intransigente. Il destino del Belgio dicono sia nelle mani di questo signore di origine abruzzese, che va in giro da una vita con un papillon rosso, omosessuale orgoglioso, simbolo del meridione povero e in cerca di riscatto, non facile ai compromessi e costretto questa volta a dialogare con la rabbia secessionista fiamminga di Bart De Wever. Rispetto a lui il cattolico Nichi Vendola è un mezzo doroteo. Eppure valloni e fiamminghi sperano che sia il figlio di immigrati italiani che ha fatto fortuna con la politica a salvare il Belgio dalla scissione.
Di Rupo, 58 anni, con una laurea in chimica, non è uno che stringe la mano facilmente. Non si sporca. Non si mischia, soprattutto quando è convinto, spesso a torto, che davanti a lui ci sia un fascista reazionario. Quando nel 1994 incontrò Pinuccio Tatarella, con un passato missino sì, ma maestro di mediazioni e padre intellettuale della svolta di Fiuggi, si girò dall'altra parte: «Non saluto i fascisti», disse. Non si convinse neppure quando cercarono di spiegargli che quel gentiluomo pugliese stava cambiando il dna della destra italiana e non era un picchiatore in camicia nera. Nulla da fare. Il buon Elio resta tuttora convinto che An sia un partito politico con cui non si scende a patti.
Qualche problema, in verità, ce l'ha pure con i santi. Nel gennaio del 2002 arriva tra le mani del sindaco di San Giovanni Rotondo, il forzista Antonio Squarcella, una lettera del sindaco di Frameries (paese della Vallonia) che, con toni piuttosto brutali, annulla il patto di gemellaggio - da tempo concordato - con il Comune pugliese. I motivi? Primo: la presenza di esponenti di An nella giunta che regge San Giovanni Rotondo: «Un partito - scrive il sindaco di Frameries, Didier Donfut - di estrema destra, che si pone fuori dai principi democratici». Secondo: «lo scandalo» creato nei salotti beni del Belgio dalle frasi di Berlusconi sulla superiorità dell'Occidente rispetto all'islam. Il sindaco pugliese, ovviamente, va su tutte le furie e a Frameries malissimo ci rimangono i tanti esponenti della comunità italiana, che già pregustavano la festa. Ma i belgi sono irremovibili.
D'altronde, l'ordine di far saltare tutto pare sia partito proprio da Di Rupo che, nella sua veste di presidente dei socialisti belgi, sarebbe stato perentorio con il sindaco di Frameries, compagno di partito: «Con gli italiani nessun gemellaggio, annulla tutto». Inutili le proteste della comunità pugliese. Al punto che il consolato italiano in Belgio, come ha rivelato uno dei consiglieri comunali di Frameries, Domenico Ciccone, «ci ha consigliato di lasciar perdere: non è il momento giusto, ci hanno detto, per i gemellaggi con città italiane».
Questa antipatia per le origini è difficile da spiegare. Di Rupo viene dalla fatica, simile a quella di tanti italiani emigrati nelle miniere per fame e disperazione. Il padre è morto, quando lui era ancora un bambino, in un incidente stradale. La madre ha lavorato per due e ha fatto studiare il figlio, che si è conquistato spazio nella politica belga a testa alta, senza nascondere la sua identità, le sue scelte sessuali, le sue origine. Ma questo signore dal sorriso gentile non ha mai messo da parte il furore ideologico e una politica ben ancorata al Novecento. La sua italianità viene spesso fuori quando si tratta di dare una mano all'amico D'Alema per racimolare il voto degli italiani all'estero. E lì si trasforma in una vera macchina elettorale che attraversa tutta la Vallonia. È questo l'uomo che dovrà dare una visione comune, un futuro, al Sud e al Nord del Belgio. Il Nord ricco che sogna la secessione e porta in piazza gli stessi discorsi di Bossi, con una carica ancora più radicale, e il Sud povero che si aggrappa ai sussidi e allo Stato sociale.
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