Un punto in 2 partite Del Neri e Marotta, la Juve s’è già arresa?

La Signora si è tolta il burqa. Anzi sono stati Giuseppe Marotta e Luigi Delneri a smascherare la Juventus: non è da scudetto e non ci sono campioni che potrebbero garantirlo. Meglio non prendere in giro i tifosi, al massimo la squadra cercherà di qualificarsi per la Champions league.
Incominciamo dalla prima confessione: la Juventus non è da scudetto, pensieri e parole dell’allenatore. Domanda: lo era lo scorso anno quando aveva investito cinquanta milioni di euro soltanto per i due brasiliani Melo e Diego? La partenza di quest’ultimo priva il gruppo del giocatore decisivo per il titolo? Lo era due anni fa quando si piazzò al secondo posto dopo aver licenziato l’allenatore a due giornate dal termine? Sono stati spesi oltre settanta milioni di euro, in comode rate come per materassi e cucine economiche, per stare a guardare le altre combattere per il titolo? Gianni Agnelli aveva definito la Juventus di metà degli anni Sessanta una squadra socialdemocratica, insomma una via di mezzo, un compromesso ideologico calcistico. Quella di oggi non apparterrebbe a nessun movimento politico, non fa parte del governo, non è all’opposizione, partecipa decoubertinianamente, perché, come dicono i nuovi dirigenti bianconeri: «ci vuole pazienza, bisogna lavorare, è presto per esprimere giudizi, anche le altre che hanno speso fanno fatica».
Seconda confessione: la Juventus non ha comprato dei campioni ma ottimi calciatori. Bene, anzi malissimo. Per fortuna i campioni ci sono, si chiamano Buffon e Del Piero, volendo si potrebbe aggiungere Chiellini, tutta roba del vecchio regime che è meglio non rimpiangere e i giovani, Marchisio, De Ceglie, Lanzafame appartengono allo stesso periodo. E allora? Dove sta la novità? Dove sta la mano di vernice oltre alla “dimensione etica” (non ho ancora capito che cosa significhi davvero) proclamata dall’azionista di riferimento?
Mai era accaduto, nel dopoguerra, di ascoltare un dirigente della Juventus affermare che la squadra non abbia campioni e che non sia da scudetto. L’equilibrio di bilancio, al quale giustamente accenna il direttore generale Marotta, non è un problema di questi anni ma risale già al tempo in cui Umberto Agnelli prese in mano la situazione e Gianni Agnelli, a metà degli anni Novanta, arrivò a dire: «Finora la Juventus era stato anche un impegno finanziario, adesso mi hanno detto che può essere un affare».
Abbassata l’età media della squadra, si è sensibilmente abbassata la qualità, ridotte le spese di salario di alcuni esponenti della vecchia guardia composta almeno da campioni nemmeno riconosciuti come tali al momento dell’addio (da Nedved a Trezeguet a Camoranesi) resta da dimostrare quanto vengono a costare complessivamente gli ingaggi dei nuovi arrivati che non sono campioni. E sono pure sfortunati, visto che Traoré dovrà già star fuori un mese (lesione del bicipite femorale).
La statistica e l’almanacco ricordano che nella stagione ’62-63 l’avvio in campionato della Juventus fu analogo, 1 punto dopo due partite e tale rimase anche dopo la terza ma alla fine della stagione la Juventus si piazzò seconda, alle spalle dell’Inter. Segnalo che quella squadra poteva contare su tale Enrique Omar Sivori (la sua fazenda argentina portava il nome “Juventus” ma la Juventus, di ieri e di oggi, non ha mai intitolato nulla al suo campione).

Non è soltanto nostalgia ma qualcuno dovrebbe capire che la Juventus non è un’azienda ma un club di football che conta più di dieci milioni di tifosi ai quali è stato appena detto che si devono scordare lo scudetto anche perché non ci sono campioni. Andrea Agnelli è stato chiamato per gestire questa realtà?

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