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Punto per punto, ecco come Fini tradisce il programma

RomaProgramma del Popolo della libertà, elezioni 2008. Ricerca per parola o frase chiave. Tasto del computer Control F. Voto agli immigrati: «Impossibile trovare il testo!». Cittadinanza agli stranieri dopo 5 anni di permanenza regolare: «Impossibile trovare il testo!». Norme per i diritti delle coppie di fatto: «Impossibile trovare il testo!». La ricerca è molto frustrante e anche un po’ noiosa: condivisibili o meno, sagge o demagogiche che siano, delle idee nuove di Gianfranco Fini nelle undici pagine del patto sottoscritto dalla coalizione di centrodestra con gli elettori un anno e mezzo fa non se ne trova traccia, accenno, indicazione approssimativa. Non esistono. Non pervenute.
È questo adesso il problema. La capacità di cambiare le opinioni può essere una dote e un motivo di fascino, «una perfetta contraddizione resta misteriosa ai savi come ai pazzi» scriveva Goethe. Ma nel caso del presidente della Camera Gianfranco Fini la dialettica con se stesso significa la sconfessione di un contratto messo per iscritto: chi vuole rendere conto a Fini lo farà - e lo sta già facendo, ad esempio la Lega - trascinando il presidente della Camera di fronte a quel testo che lui stesso controfirmò.
Il giorno era bisestile: 29 febbraio 2008. Data fausta: due mesi dopo il governo Berlusconi giurava fedeltà alla Costituzione nelle mani del presidente Giorgio Napolitano.
Quel 29 febbraio di un anno e mezzo fa, dunque, Berlusconi lesse il programma elettorale in sette punti - missioni furono chiamate - all’Auditorium di via della Conciliazione a Roma. In prima fila sedevano Gianfranco Fini, Roberto Maroni e Roberto Calderoli, Stefano Caldoro, Alessandra Mussolini, Giuseppe Pizza e Raffaele Lombardo: gli alleati. Tutti avevano condiviso le promesse con gli elettori. Punto per punto, missione per missione. La coalizione vinse sulla base di quel piano di azione articolato in sette obiettivi primari: sviluppo, famiglia, sicurezza-giustizia, servizi ai cittadini, sud, federalismo, piano straordinario di finanza pubblica.
Proprio la presenza di quel documento consente di mettere a confronto nel dettaglio le idee di programma e le «idee nuove» del presidente della Camera.
Missione terza del programma elettorale, punto 5: «Apertura di nuovi Centri di permanenza temporanea per l'identificazione e l'espulsione dei clandestini». Gianfranco Fini, 27 agosto, festa del Pd di Genova, venti giorni dopo l’entrata in vigore dell’ultima legge sulla sicurezza che allunga i tempi di permanenza nei Centri di espulsione: «Se si parte dal presupposto che l’immigrato è una persona, alcune politiche non dovevano essere inserite in un provvedimento legislativo».
Missione terza, punto 6: «Contrasto all’immigrazione clandestina». Gianfranco Fini, 1 luglio, al quotidiano spagnolo El Mundo: «Sarebbe immorale dire subito “sei clandestino, ti rimando al tuo Paese”. In alcuni casi, questa sarebbe una condanna a morte».
Missione seconda, principi generali: «La famiglia è al centro del nostro programma; per noi la famiglia è la comunità naturale fondata sul matrimonio tra uomo e donna».
Gianfranco Fini, Il Foglio, 9 maggio (dichiarazioni confidenziali mai smentite): «Dobbiamo necessariamente prendere atto che nella nostra società ci sono forme di convivenza non assimilabili alle famiglie ma che vanno tutelate».
Anche il pensiero laico di Fini sul testamento biologico è in antitesi. Missione 2, comma 3, punto 13. Così dice il documento del Pdl: «Esclusione di ogni ipotesi di leggi che permettano o comunque favoriscano pratiche mediche assimilabili all'eutanasia».
Infine l’aborto. Missione seconda, comma 3, punto 12: «D’intesa con le regioni, individuazione delle risorse finanziarie necessarie a garantire credibili alternative all’aborto». A questo proposito, Fini l’8 agosto ha dichiarato: «Trovo originale pretendere che il Parlamento si debba pronunciare sull'efficacia di un farmaco (la RU 486, ndr).

Ognuno ha le sue opinioni, anche io ho la mia, ma non è oggetto di dibattito politico».

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