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Purezza, taglio, colore e carati ecco le regole della pietra perfetta

La finitura di un gioiello? È ottima quando non s'impiglia nei vestiti

Un giorno a scuola di diamanti nella sede milanese dello GECI, Gemological Education & Certification Institute che con il supporto di Forever Unique, brand nel settore dei preziosi fondato da Alberto Osimo, ci ha invitati a lezione dalla gemmologa Lucia Gori. Per saperne di più sui diamanti, le gemme degli dei e i migliori amici delle ragazze, come cantava Marilyn Monroe. Un'esperienza ricca di aneddoti, rivelazioni e prove sul campo con tanto di lentino, pinzette, microscopio, tabelle. Si parte dalla raccomandazione che arriva a fine corso: mai lavare i nostri diamanti senza aver chiuso il lavabo perché tra gioielli e scarico c'è un'attrazione fatale! E poi come si valuta la finitura di un gioiello? «Da quanto non s'impiglia in calze e indumenti vari» dice la gemmologa aprendoci gli occhi su un aspetto tutt'altro che banale. Ma la cosa essenziale è il senso di quelle 4 C che determinano il valore del diamante: Carat, Cut, Color e Clarity ovvero carato, taglio, colore, purezza. Per valutare la purezza proviamo a cercare inclusioni e graffi che spesso si creano quando la pietra viene a contatto con un altro diamante. Della serie: il diamante è durissimo ma anche fragile. Il tagliatore elimina se si può le inclusioni presenti nel grezzo per far crescere il suo valore. Per quanto riguarda il colore, apprendiamo che esiste una scala chiamata D-Z che partendo dalla quarta lettera dell'alfabeto, illustra varie sfumature, dal bianco al giallino, al grigio, al bruno. E poi si ricorre, per avvicinarsi il più possibile alla verità, alla pietra di paragone: un altro diamante già classificato. Fuori da questo contesto, esistono i diamanti colorati, adorati da vip e molto richiesti nelle varianti blu, rosso, rosa, giallo. E ci sono quelli sintetici colorati che costano il 30 per cento in meno di quelli veri. Un diamante tagliato male è un'occasione mancata. Importante che i tagliatori siano al top come lo sono i canadesi. Il taglio più conosciuto è il brillante rotondo con 57 o 58 faccette triangolari, a rombo o a raggiera. Tutti gli altri si definiscono fantasia e comprendono le forme smeraldo, ovale, marquise, goccia o cuore. I diamanti si misurano in carati, unità di misura pari a 0,2 grammi. «Trovare un diamante di dimensioni eccezionali è una rogna perché bisogna cercare chi lo compra, e non è facile» dice la gemmologa che ha fatto partire il corso rivelando come l'affascinante storia del diamante sia legata a quella dell'umanità fin dalla Bibbia. Anticamente i diamanti erano appannaggio di reali e uomini di potere ed essendo espressione delle divinità non venivano manipolati. Il primo che infranse la regola donando a sua moglie un diamante a forma di cuore (il celebre Ko-I-Noor) fu l'imperatore moghul Shah Jahan che costruì nel 1632 il magnifico mausoleo Taj Mahal di Agra, una delle meraviglie del mondo. La voce che i diamanti non portassero bene a chi li indossava ha fatto sì che i reali delle corti europee si guardassero bene dall'indossarli. Così come si parlava dei diamanti indicandoli come un potente veleno: macinati e spolverati sul cibo provocavano la morte per dissanguamento interno. Nella seconda metà del 1400 un diamante diventa, per la prima volta, protagonista di un anello di fidanzamento: lo riceve Maria di Borgogna dal suo futuro marito l'arciduca Massimiliano d'Austria. All'inizio le estrazioni avvengono in India. Poi, nel 1770, anche in Brasile e in Sudafrica dove nel 1888 viene fondata la De Beers che ne controlla estrazioni e mercato. Oggi i primi produttori di diamanti al mondo sono Congo, Russia, Australia, Canada, Botwana, Sudafrica. Ultima curiosità: nel 1948 nasce uno degli slogan più longevi della storia della pubblicità: un diamante è per sempre. E poi ci sono i racconti sui diamanti più famosi del mondo. Ma questa è un'altra storia.

LSer

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