Le purghe dell’Iran: «Elimineremo l’opposizione»

Le purghe dell’Iran: «Elimineremo l’opposizione»

È l’ultima maledizione dell’ayatollah Khomeini e rischia di travolgere i suoi logori eredi. Hanno cercato di sfruttare la sua immagine insultata, sfregiata, bruciata. L’hanno esibita in televisione accusando l’opposizione, ma è stato un autogol e ora per riparare minacciano di ricorrere alla forza bruta, alla violenza indiscriminata, alla spietata repressione. Lo capisci dalla rabbia rancorosa della Suprema Guida che scudiscia l’opposizione e minaccia di eliminarla dalle piazze, cancellarla dalla scena politica. Ali Khamenei parla mentre sui siti «riformisti» si rincorrono le voci di un imminente arresto dei suoi avversari. Di Mir Hossein Moussavi, l’ex premier capofila del movimento «verde» che da giugno contesta la vittoria di Mahmoud Ahmadinejad alle presidenziali. Di Mehdi Karroubi, l’ayatollah candidato che da mesi piccona il regime. Di Mohammad Khatami, l’ex presidente simbolo di riforme e libertà.
La massima autorità politica e religiosa della Repubblica islamica non li nomina, ma li accusa di aver violato la legge, organizzato rivolte e incoraggiato la gente a resistere al sistema della Repubblica islamica. «Non sono cose da poco, tutto questo dà coraggio ai nemici - ricorda Khamenei che conclude lanciando la sua minaccia - loro sono la schiuma sull’acqua e il sistema è ciò che rimane. L’opposizione sarà eliminata, cancellata dagli occhi della nazione».
Per capire cosa vi sia dietro quelle parole bisogna riandare al 7 dicembre quando l’opposizione torna in piazza e sfida il regime al grido di «morte al dittatore». Il riesplodere della protesta è un nuovo colpo al regime. La risposta è la delegittimazione. La televisione di Stato annuncia alcune immagini inedite ed esclusive. Immagini che nessuno ha visto né nelle piazze, né sui siti internet, né sulle televisioni straniere. Sono le riprese di un gruppetto di dimostranti, rigorosamente tagliate all’altezza del volto, che insultano un ritratto dell’ayatollah Ruhollah Khomeini, lo sfregiano e lo danno alle fiamme. Per la maggioranza degli iraniani il padre della rivoluzione resta ancora un simbolo rispettato e intoccabile, impossibile da rinnegare. Stavolta però il tentativo di delegittimazione funziona all’incontrario. L’incontrollabile passa parola di internet e Twitter liquida quelle immagini come una montatura. E sui siti dell’opposizione si moltiplicano le dichiarazioni dei reduci della piazza che ammettono di aver visto insultare e bruciare i ritratti di Khamenei e di Ahmadinejad, ma negano di aver ascoltato una sola parola contro Khomeini. Di fronte a quell’effetto boomerang, Khamenei e i suoi si scoprono impotenti, incapaci anche d’ingannare e disinformare. Sabato notte, stando a voci interne al regime, il Supremo leader convoca i comandanti dei pasdaran e delle forze di sicurezza, il ministro della Sicurezza Heydar Moslehi e suo figlio Mojtaba Khamenei, responsabile delle unità più affidabili dell’apparato repressivo. Durante le tre ore di riunione tutti concordano sulla necessità di mettere sotto sorveglianza il potente ex presidente Ali Akhbar e d’arrestare in un colpo solo Moussavi, Karroubi e Khatami.

L’atto di forza in parte annunciato da Khamenei rischia però d’innescare un nuovo e più devastante effetto boomerang. Nelle ultime ore le voci degli arresti stanno sollevando le proteste di molti autorevoli ayatollah e inasprendo le divisioni all’interno dell’ala conservatrice.

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