Al Qaida: «Ecco Abu, l’erede italiano di Bin Laden»

Manila Alfano

da Milano

È lui l’eletto: l’erede italiano di Bin Laden. Il bambino ha solo 4 anni, ma il mondo dell’estremismo islamico ne parla come un profeta. I frequentatori del forum di Al Qaida su internet lo hanno ribattezzato «Abu Musab l’italiano» o il «Bin Laden italiano». Il bambino, che sta vivendo una storia troppo grande, è il protagonista di un video amatoriale che circola sui siti vicini alla rete terrorista e sembra rilanciare la polemica sulle scuole islamiche nel nostro Paese e sul pericolo dell’insegnamento alla jihad.
Uno dei visitatori ha diffuso sulla rete del forum un filmato con questa didascalia: «Ecco Abu Musab l’italiano: è la risposta al grande miscredente Benedetto che viene dal cuore dell’Italia». Appare poi un link che permette di scaricare un breve filmato amatoriale, di 26 secondi, che mostra un bimbo con tunica grigia e copricapo bianco usato nelle moschee.
Sorridendo alla telecamera il piccolo recita le ultime tre sure del Corano. Nel sito non vengono fornite altre spiegazioni, forse il bimbo è stato ripreso all’uscita di una moschea italiana dove si insegna il Corano, il testo sacro che è la base di ogni musulmano. Il bambino mostra e ripete ciò che ha appreso e recita i versetti con intonazione corretta e pulita. Abu diventa così il simbolo della comunità islamica integralista, l’esempio che le madrasse funzionano, sono un legame con la terra d’origine, un’ancora con la tradizione e la terra dei padri e un modo per seminare in Europa il futuro dell’Islam. Il tentativo è di dare alle nuove generazioni un punto di riferimento con i precetti del Profeta. Tutto questo non trasforma un bambino in un terrorista, ma la speranza dei frequentatori del forum di Al Qaida è che le scuole producano cellule di resistenza alla modernità occidentale. È lì che si possono reclutare i militanti del futuro.
Ali al-Zohbi, docente di sociologia all’Università del Kuwait spiega: «Tra le pratiche più pericolose c’è il lavaggio del cervello dei giovani, per rendere le loro menti e i loro animi conformi all’ideologia religiosa. È un processo subito all’insaputa dei familiari. Ecco perché questi studenti non sono del tutto consci e responsabili delle loro azioni».

Ancora più duro Abdel Hamid al-Ansari, preside della facoltà di Sharia (legge islamica) all’università del Qatar: «L’insegnamento religioso presso i musulmani poggia sull’arretratezza: ascolto passivo, studio a memoria, ripetizione».

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