Ma quali rischi per i processi: sarà prescritto soltanto l’1%

RomaMa quali effetti «drammatici», ma quali previsioni «catastrofiche». Per il ministro della Giustizia solo l’1 per cento dei processi pendenti in Italia potrà andare in prescrizione per effetto del disegno di legge Gasparri-Quagliariello-Bricolo. Senza calcolare le assoluzioni.
Il provvedimento sul «processo breve», spiega Angelino Alfano alla Camera, dal 24 novembre sarà discusso in Commissione al Senato. Per andare avanti dovrà avere «l’unanimità della maggioranza», ma il Guardasigilli non dubita «che si possa trovare un’intesa».
Il ddl potrà interessare 94mila procedimenti di primo grado, dei complessivi 391.917, perché sono in corso da oltre 2 anni: cioè il 24 per cento. Ma da questo totale va esclusa la quota che riguarda i recidivi, visto che il ddl è riservato agli incensurati. Dunque si parla del 45 per cento dei condannati. E poi, le nuove disposizioni si applicano solo ai processi per reati puniti con meno di 10 anni. E c’è una serie di eccezioni la cui lista, riconosce il ministro, potrebbe cambiare nell’iter parlamentare della legge. «Tutti gli spunti che perverranno dal parlamento per il miglioramento del testo saranno accolti», assicura Alfano.
Il Guardasigilli risponde al question time, incalzato dalle opposizioni Pd e Idv che fanno proprie le notizie allarmanti dell’Anm sui 100mila processi a rischio. Alfano ripete alla capogruppo dei democratici in commissione Giustizia Donatella Ferranti e al leader dell’Italia dei valori Antonio Di Pietro, che le prime e parziali stime del suo ministero, che lavora insieme al Csm, parlano di un «impatto molto meno traumatico di quello ipotizzato da più parti, forse troppo enfaticamente, certo in modo intempestivo».
Non c’è da preoccuparsi. Anzi, c’è da rallegrarsi per una norma che farebbe risparmiare denaro per processi inutili, per l’esattezza 80 milioni di euro l’anno; farebbe risparmiare giorni di lavoro che potrebbero essere impiegati per gli altri processi pendenti e abbattere l’arretrato; e che, adeguando il sistema al principio della «ragionevole durata del processo», comporterebbe allo Stato un notevole risparmio sui risarcimenti dovuti alle vittime della giustizia-lumaca (legge Pinto). «Nell’ultimo quinquennio, 2004-2008 - dice il ministro - il sistema penale ha bruciato a causa della prescrizione 850mila procedimenti con una media di 170mila ogni anno. La giustizia penale è costata, nel solo 2008, ben 1,64 miliardi di euro».
La Ferranti non è affatto convinta: «Ma quale 1 per cento e 1 per cento! La verità è che Alfano si muove alla cieca e non sa neanche quale sarà l’effetto delle norme che avalla e propone». Di Pietro accusa il Guardasigilli di mentire: «Dire parole come queste è un vero e proprio peccato mortale, perché è falso affermare che con queste nuove norme solo l’1 per cento dei processi andrebbe a risentirne».
Ma Alfano ricorda al centrosinistra che il governo Prodi, nel 2006, istituì la Commissione Riccio proprio per introdurre la «prescrizione processuale» e stabilire tempi limite per i dibattimenti. E il tetto massimo per i diversi gradi di giudizio, pena l’estinzione, era previsto in 3 ddl presentati al Senato da esponenti della sinistra come Fassone, Ayala, Brutti, Calvi, Maritati e anche Finocchiaro. Come dire: voi proprio non potete parlare.
L’Anm, da parte sua, non accetta facilmente di farsi smentire. Il segretario Giuseppe Cascini contesta Alfano: «Mi pare difficile che gli effetti di un intervento così complesso, possano essere già quantificati in termini statistici». Ma poi ammette di «non conoscere i criteri statistici utilizzati dal ministero per giungere a questa conclusione».


Sull’impatto del ddl lavora, con un’indagine a campione il Csm e anche l’Anm sta raccogliendo dati. «Non credo che la realtà corrisponda alla rosea previsione di via Arenula», avverte il presidente del sindacato delle toghe, Luca Palamara.

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