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«Quando Ghio su Scalfaro mi disse: Lui? Non entrerà mai più a casa mia»
Ho veramente apprezzato larticolo di Ferruccio Repetti del 21 ottobre scorso su Enrico Ghio, il democristiano, che divenne lanti Scalfaro e come suo amico da anni ed anni voglio riportare ancora qualche notizia su quel grande indimenticabile politico, che ha onorato la Liguria e che io ho avuto il piacere di votare in tutte le occasioni in cui si è presentato candidato (dalle elezioni provinciali a quelle regionali e da quelle della Camera a quelle europee).
Il suo rigore morale, la sua coerenza e la sua onestà, anche nella vita pubblica e politica, sono senza dubbio esemplari.
È inutile ribadire quello che è già stato illustrato sul vostro giornale.
Io ho conosciuto Enrico fin dagli anni 50 quando militavo nella Dc ed è stato per me sempre un esempio, anche se a volte polemico, ma tale era il suo precipuo carattere.
Voglio solo aggiungere due piccoli particolari, ma per me importantissimi, che ulteriormente vanno a valorizzare le virtù dello scomparso.
Militando, come detto sopra, nella Dc, avevo subito conosciuto Enrico ma, a differenza di altri, ci davamo sempre del lei e lui soleva dire (me lo ha ripetuto parecchie volte): «I compagni (Pci) si chiamano compagni, ma non si possono vedere; i fascisti (Msi) si definiscono camerati ma si disprezzano e i Dc si dichiarano amici, ma si odiano peggio degli altri».
Finalmente, dopo diversi anni, lonorevole Enrico Ghio mi disse: «Diamoci del tu, perché tu sei un amico fedele e forse sei un Dc anomalo come sono io».
Quando il voltagabbana onorevole Oscar Luigi Scalfaro, già capo della destra Dc, cui Ghio e con me tanti altri genovesi e liguri appartenevano, passò dallaltra parte, anche per salvare la «carega» e forse qualcosa daltro, chiesi ad Enrico: «Ed ora con Scalfaro come la mettiamo?».
Lui, papale, papale, mi rispose: «Ho messo il veto di venire a casa mia».
Quale coerenza, quale figura morale fu Enrico Ghio, non solo per me, ma per tutta la Liguria. Di tali uomini ce ne vorrebbero, eccome.
Il suo rigore morale, la sua coerenza e la sua onestà, anche nella vita pubblica e politica, sono senza dubbio esemplari.
È inutile ribadire quello che è già stato illustrato sul vostro giornale.
Io ho conosciuto Enrico fin dagli anni 50 quando militavo nella Dc ed è stato per me sempre un esempio, anche se a volte polemico, ma tale era il suo precipuo carattere.
Voglio solo aggiungere due piccoli particolari, ma per me importantissimi, che ulteriormente vanno a valorizzare le virtù dello scomparso.
Militando, come detto sopra, nella Dc, avevo subito conosciuto Enrico ma, a differenza di altri, ci davamo sempre del lei e lui soleva dire (me lo ha ripetuto parecchie volte): «I compagni (Pci) si chiamano compagni, ma non si possono vedere; i fascisti (Msi) si definiscono camerati ma si disprezzano e i Dc si dichiarano amici, ma si odiano peggio degli altri».
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