Quando il petrolio non lascia macchia

Quando il  petrolio non lascia macchia

Sta a vedere che non solo aveva ragione ma anzi ha fatto bene a offrirsi come agnello sacrificale. Dico di Riccardo Garrone, che a un bel momento decise di ribellarsi al sistema («Se non ti va, vattene!» disse un giorno Lippi a Zeman. «Col cavolo: semmai andatevene voi!», ha indirettamente risposto Garrone). Sta a vedere che ha fatto bene, il presidente, anche nell'interesse specifico della Sampdoria: pagando una discreta persecuzione a breve (bastava poco per rompere gli equilibri di una squadra sul filo del rasoio, e i Saccani, i Dattilo, i Farina, i De Santis, i Rosetti, i Racalbuto, i Paparesta di turno non hanno dato l'impressione di tendere pietosamente la mano) si è probabilmente garantito un futuro più equo a medio e magari pure a lungo termine.
Viva Garrone. E viva Moratti: che pure in fatto di plusvalenze ha qualcosa da farsi perdonare. Sta a vedere che i più puliti del settore erano infine i petrolieri. Con la Juve e la Fiorentina in B e il Milan penalizzato in A, sarà finalmente la volta che l'Inter rivincerà lo scudetto. Quanto alla Sampdoria, ripeto, ne è valsa la pena. Tanto, per l'organico «corto» che tra eroismi e disgrazie riuscì dignitosamente a sommare 31 punti nelle prime 20 partite di campionato non c'era la benché minima speranza di approdare alla Champion's League; e la coppa Uefa, così com'è al momento strutturata, resta una soddisfazione sportiva ma è diventata una fregatura per il bilancio sociale.
Garrone, semmai, avrà imparato a non fidarsi dei Della Valle e degli Zamparini di turno che tuonano («Armiamoci e partite!») eppoi vanno per la loro strada. Intanto ha fatto bene a precisare che «Marotta e Novellino sono due punti fermi per la Sampdoria, con loro c'è un rapporto di stima, amicizia e lealtà totali. La Sampdoria conta ancora e sempre in pieno su di loro. Però nel caso in cui le travagliate vicende del pasticciaccio brutto li inducessero a cedere ad eventuali lusinghe juventine non sarebbe una tragedia, perché tutti sono importanti ma nessuno è indispensabile». Il che, detto da uno che, se era il caso, alla Erg non si faceva scrupolo di far cadere le teste come birilli, e la Erg anziché andare giù sempre più s'impennava, avrà pure la sua importanza.
Perché vedete: se togliete la mostruosa sperequazione dei diritti televisivi e conseguenti sponsorizzazioni, Garrone vale Agnelli. Altro che «braccino corto»! Dove sta scritto che uno debba farsi mangiare i soldi in un ambiente fasullo, dove «investire» significa dilapidare? Non sono più i tempi in cui l'Avvocato firmava gli assegni. Se persino loro avevano bisogno dell'«Organizzazione» della Triade, una ragione ci sarà. Sento dire: ma figùrati la tradizione e il fascino della Juve! Ed è vero. Ma se per caso la Juve dovesse cadere in C e conseguentemente perdere due o trecento milioni di euro, vedreste che ridere. O che piangere.
Intanto il Genoa deve vincere e basta. Basta un golletto da difendere strenuamente, visto che davanti si continua a vedere la porta stretta ma i granata di Salerno non sono il Torino di Sala-Pulici-Graziani. Finalmente s'è visto un centravanti (Zaniolo) che almeno si batte come un leone, e si è visto un Lopez accettabile. Basteranno un arbitro e assistenti che non permettano nefandezze come l'aggressione a Fusco e dintorni e non restino accecati da falli solari come quello del rigore negato a Iliev. E basterà che in difesa si spazzi via senza imbambolarsi perdendo di vista gli avversari. Poi si andrà a Monza, o a Pavia poco importa, per finire se non in gloria almeno tirando un enorme sospiro di sollievo, nuovamente a Marassi.
Ma ora attenzione.

Mentre in 30 mila e probabilmente oltre creeranno un'atmosfera da Giudizio Universale intorno al campo, quelli in campo non perdano la testa, restino lucidissimi, tetragoni alle provocazioni, e badino sempre e soltanto a giocare virilmente al calcio. Guai alle vendette che rischiano di risolversi in autogol. Smettiamola infine di farci del male.

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