Quando Toro aveva come sponsor un amico politico di nome Oliviero

Sinceramente uno si sarebbe aspettato che alla notizia del coinvolgimento del procuratore aggiunto di Roma nell’inchiesta sugli appalti del G8 dove Achille Toro è indagato per corruzione, i più accesi detrattori della toga romana scatenassero il finimondo. E invece no. Al massimo qualche frase di prammatica. L’ex pm Antonio Di Pietro, che tanto aveva difeso il superconsulente Gioacchino Genchi dopo la perquisizione del Ros disposta proprio da Toro per sequestrare il noto «archivio» con milioni di dati sensibili, sostanzialmente non ha fiatato.
L’ex pm Luigi De Magistris s’è invece limitato a dire che «la questione morale in magistratura non è meno grave della questione morale in politica» e che «Toro è emerso negli atti di Why Not e che nonostante ciò non ha esistato a svolgere indagini sulla stessa inchiesta». Poco o altro dal resto del partito. Non sappiamo se ciò sia dovuto al fallimento della tesi complottistica cara ai supporters Idv che vedeva nel Ros il braccio armato di Toro contro Genchi (quando sono state le indagini del Ros a costringere Toro alle dimissioni), all’imbarazzo per alcune intercettazioni fiorentine che coinvolgono parenti di parlamentari Idv, agli incroci pericolosi dell’ex ministro Tonino con funzionari dello Stato poi arrestati. Sorprende il silenzio assordante dopo gli sforzi profusi per difendere Genchi dalle iniziative di Toro descritto in tempi non sospetti dal consulente siciliano come una toga dalle discutibili frequentazioni, sempre in mezzo a inchieste viziate da gravi fughe di notizie. Sorprende, perché se uno va a incrociare atti di vecchie inchieste e le risultanze delle indagini telefoniche che il superconsulente ha trasferito nel suo libro («Il caso Genchi, storia di un uomo in balia dello Stato») scopre cose singolari. Una di queste, stona con le avance al popolo viola da parte di Antonio Di Pietro e Oliviero Diliberto, ormai inseparabili, prima al congresso Idv, sabato al comizio in piazza del popolo.
Stona perché gli investigatori sono andati a rileggersi carte giudiziarie su Achille Toro dove spunta Diliberto, carte in parte riassunte da Genchi, a pagina 731, con riferimento alle fughe di notizie sul caso Bnl-Antonveneta e ai rapporti del magistrato romano con ufficiali della guardia di finanza e soprattutto con Giancarlo Elia Valori, presidente di numerose società, uno che nella concezione genchiana e grillina della vita è assolutamente da evitare. Il riferimento di Genchi a Diliberto si rifà a una data precisa: 23 dicembre 2005. «Alle ore 23.02 - osserva Genchi - da Cagliari un cellulare intestato al Partito dei comunisti italiani chiama Elia Valori». Genchi dice d’aver scoperto che la sim che chiama è all’interno di un cellulare dove è stata inserita anche un’altra scheda, sempre del Pdci, il cui numero era registrato nelle memorie» di un ufficiale della Gdf «che ha conoscenze davvero ovunque, con l’annotazione "Diliberto". Oliviero Diliberto, l’unico politico che, a quanto pareva di supporre da un’intercettazione tra Achille Toro e Vincenzo Barbieri, era stato invitato a qualcosa: al matrimonio del figlio del procuratore aggiunto di Roma. Che Elia Valori e Achille Toro abbiano pure amicizie in comune, addirittura con l’ex ministro della Giustizia (Diliberto, ndr)? Di certo la presunta amicizia tra Diliberto e il signore delle strade (Valori, ndr) sarà anni più tardi il cuore della polemica scatenata dal deputato Marco Rizzo: che urlerà a tutti la vicinanza tra i due, per via della partecipazione di Diliberto a diverse presentazioni librarie di Elia Valori. Rizzo, poi espulso dal Pdci, attribuirà la sua cacciata dal partito a queste affermazioni». Ma a quale intercettazione fa riferimento Genchi parlando di Toro e Barbieri? A quella effettuata dalla squadra mobile di Potenza nell’ambito di un’inchiesta sulla massoneria. Toro spiega al collega di come stia per diventare «capo di gabinetto del ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi» uno del Pdci, proprio come Oliviero Diliberto che come capo dell’ispettorato si era avvalso delle competenze di Giovanni Ferrara, il superiore di Toro, che nelle vesti di procuratore capo l’altro giorno ha esternato tutta la sua rabbia per le modalità d’azione dei pm fiorentini che hanno investigato su Toro. L’intercettazione citata da Genchi è lunga. Dopo aver parlato di incarichi ministeriali e caselle da riempire in procura, Toro dice: «(...) io avevo escluso gli interessi per la Giustizia, ti confesso, come lo avevo escluso poi, parlando per altro verso, già all’epoca con Oliviero, e nel… nel… l’ipotesi era comunque di Ettore Ferrara». Barbieri: «Sì, sì... ». T: «Come capo dipartimento (...). Già avevano fatto un organigramma completo, eh, con Nello Rossi, con un sacco di gente (...). Invece con Mastella gli è saltato tutto, con Amato pure ma in modo un po’ diverso insomma. Oh. A questo punto, io stamattina mi sono congratulato con Loris D’Ambrosio per la nomina che lui ha avuto di capo di quell’Ufficio… ». B: «Sì. Achille a te te la posso dire, siccome mi ha chiamato lui per ragioni sue…» T: «Esatto. Io stamattina l’ho chiamato a lui e l’ho detto al capo mio, che già veramente gliel’avevo detto 15 giorni fa, a me Oliviero l’anno scorso mi chiese di… prima mi chiese un impegno e io dissi: "No, ma guarda…" fra l’altro stavo in un momento in cui le cose erano super impegnate e compagnia, e poi mi precisò: "Guarda che però devo andare a fare io il ministro e quindi… ero interessato ad averti come capo di gabinetto"». B: «Uhmm». T: «Dissi: "Oliviero…" che poi è l’unico politico che io ho invitato sinceramente a (inc.) insomma, eh ... E dissi: "Con te è un’altra cosa, insomma, il rapporto è diverso, poi ci conosciamo con le mogli, eccetera, quindi per te vengo senz’altro, non c’è nessun problema".

Quando poi ebbi la mia storia a gennaio, da fuori, mi chiamò, mi disse: "Achi’, guarda che non è cambiato niente dei nostri rapporti e di quello che ci siamo detti nel tuo salotto". Dico: "Va bene, ti ringrazio"». Un amico vero, Oliviero.

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