Politica

QUANTO VALE IL FATTORE K

Non facciamoci ingannare dalla calura e dalla bonaccia della giornata politica: ma mai come adesso il Paese ha vissuto un periodo di laboriosa trasformazione: il ricordo della prima timida rivoluzione per il maggioritario, la parata degli effetti speciali seguenti e conseguenti a Mani Pulite, impallidiscono rispetto alla crisi di crescenza che il mondo politico italiano sta attraversando. Che sia una crisi di crescenza non garantisce affatto che poi la crescita ci sia davvero, ma se alla crisi non facesse seguito la crescita allora ci troveremmo di fronte ad un declino abissale della politica. Ma tutti i segni vanno nel senso contrario. Delle difficoltà dell’Unione abbiamo detto tante volte: in un periodo in cui la politica si fa in tutto il mondo giocando la carta dei forti valori condivisi, il centro sinistra non ha valori condivisi ma valori in conflitto fra loro. Dall’altra parte bolle in pentola il progetto del partito unico, o comunque si voglia chiamarlo. I partiti non nascono per decreto legge e neanche per astuzie elettorali. Un partito unico dell’area moderata è in gestazione perché la sua nascita è la condizione necessaria e sufficiente per dare una casa alla maggioranza degli italiani. Abbiamo ricordato molte volte che i numeri, dal 2001 ad oggi, dicono che il centro sinistra non cresce e non crepa restando costante con i suoi quasi 13 milioni di voti, mentre il voto moderato fluttua e oscilla, cade e non si rialza come un aquilone nella bufera dei sentimenti, ma senza passare dall'altra parte. La partita della prossima primavera si giocherà dunque tutta su un solo punto: riusciranno i nostri eroi, gli elettori, a ritrovare l’urna dispersa e abbandonata? Tutto lì. Se l’elettore moderato ha abbandonato l’urna ciò accade perché è rimasto frustrato nelle aspettative e deluso nelle emozioni. Le emozioni in politica sono importanti perché sono l’espressione rovesciata dei valori. Un elettorato che si indigna e, senza passare al nemico, non va a votare, è un elettorato fortemente motivato proprio perché fortemente frustrato. Ciò che lo ha frustrato di più è stato senz’altro il tasso di litigiosità nella coalizione che si è impennato fin dalle prime prove elettorali locali. Noi stessi scrivemmo, dopo la prima legnata, che: primo, era una legnata. Secondo, che quella legnata avrebbe potuto essere una mano santa se fosse stata interpretata come un sintomo grave cui dare una risposta adeguata. Invece il tasso di litigiosità aumentò fino al ridicolo: le forche caudine delle dimissioni formali di Berlusconi costretto a salire al Quirinale sono state soltanto l’epilogo farsesco di uno stato di cose insostenibile. Di qui la necessità di superare la litigiosità fisiologica di una coalizione sostituendola con un soggetto nuovo. Ma il soggetto nuovo, se non ha un’anima si comporterebbe come il Golem nelle vie di Praga: camminerebbe come un gigante dai piedi d’argilla perdendo pezzi. Di qui la necessità non di creare l’anima ideale, ma di comporre i pezzi di quest’anima sparsa che è quella dei moderati. Grazie al Pontefice appena scomparso e al suo successore sta sparendo completamente la divisione medioevale fra Guelfi e Ghibellini, fra laici e cattolici. E allora qual è il fattore comune all’area dei cosiddetti moderati, che poi è l’area dei riformatori? Il fattore è ancora e sempre il vecchio fattore K, quello comunista. C’è un’Italia maggioritaria (e non solo e tutta di destra) che non ne vuol sapere di essere governata e diretta dai comunisti di oggi o dai successori del vecchio Pci. Ci sarà una ragione, visto che larghissima parte di quest’area è di sinistra riformista, repubblicana, socialista e liberale, oltre che cattolica. E allora: lo steccato che divideva artificialmente laici e cattolici è caduto e una grande maggioranza di italiani vuole forti riforme senza comunisti sulla testa, a cominciare da Rutelli. Ecco dunque tracciata l’anima generale del nuovo partito: è quella di persone che non intendono dividersi per guerre di religione, che credono in riforme capaci di rilanciare l’Italia. E niente comunisti in nessuna salsa, compresa la loro consueta coda di socialisti, quelli ai quali non basta mai la lezione della storia.
p.

guzzanti@mclink.it

Commenti