Quei 378 bimbi nati per salvare i fratelli malati

MilanoBabydonatori di cellule staminali. Concepiti e nati solo per curare il fratellino malato. Decisioni che suscitano profondi interrogativi, ma che sono anche gesti d’amore straordinari e disperati. È un viaggio che porta dentro storie di genitori disposti a tutto pur di salvare il proprio figlio, di famiglie dove l’unico lampo di speranza è rappresentato dalla disperata volontà di mettere al mondo un altro bambino sano e compatibile con il primo, quello alla Milano Cord blood bank (la banca del cordone ombelicale) del Policlinico.
Un viaggio che in Lombardia è già stato compiuto da 378 famiglie. Trecentosettantotto bambini nati per salvare un fratellino ammalato di leucemia o talassemia. Ogni nascita una storia a sé, alcune con un lieto fine, altre purtroppo che si sono concluse con un finale tragico. Ma che i medici della Milano Cord blood bank del Policlinico conoscono una a una. Come quella di Filippo, ammalato di talassemia maior. I suoi genitori hanno avuto altri due figli prima di trovare il cordone ombelicale con i geni identici. O quella di Sara, ammalata di leucemia. La sorellina, nata due anni dopo, era perfettamente compatibile e il trapianto di cellule è andato benissimo. «Attenzione, qui non stiamo parlando di embrioni selezionati geneticamente, pratica illegale in Italia - spiega il responsabile del laboratorio per il trapianto delle cellule staminali, il dottor Paolo Rebulla -. Qui stiamo parlando di concepimenti per così dire normali, ma programmati per curare un figlio, il che non cancella le problematiche etiche che restano aperte: è giusto programmare una nascita per soddisfare le esigenze di un’altra? I pareri possono essere contrastanti, ma certo il fattore chiave per determinare l’eticità di programmare il concepimento è rappresentato dalla volontà dei genitori di accogliere, accudire ed amare il secondo figlio». Ma come arrivano le famiglie alla Milano Cord blood bank? In Italia la legge consente la donazione «dedicata» del cordone ombelicale solo e solo se in famiglia c’è un bimbo ammalato di leucemia, linfomi, talassemia maior o difetto metabolico. La richiesta di poter conservare le cellule viene fatta mesi prima del parto per poter pianificare e organizzare la donazione. «Nella gran parte dei casi questi 378 bambini hanno aiutato un fratellino ammalato di leucemia o di talassemia - spiega Rebulla -. Di queste 378 donazioni, 17 sono già state trapiantate con successo. Per tutte le altre o si sta aspettando il momento più opportuno per l’intervento o non è più necessario perché si è arrivati alla guarigione attraverso altre cure o purtroppo il bambino non ce l’ha fatta».
Accanto a queste 378 donazioni «dedicate» alla Banca del cordone ombelicale del Policlinico ce ne sono altre 7.500 fatte per solidarietà da famiglie allietate dalla nascita di un bambino sano e non colpite dalla sfortuna di una grave malattia. Un numero sicuramente inferiore alle richieste di donazione.

In Lombardia sono 21 su 85 le sale parto attrezzate per il prelievo del cordone ombelicale. E va detto che non tutti i cordoni ombelicali donati vengono mantenuti, solo i migliori, se così si può dire, per poi essere inseriti nella banca dati mondiale. Su 25mila donazioni, 17mila sono state scartate.

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