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Quei finti pacifisti sempre in guerra

Per Bindi, Vendola e i No Tav la sfilata della pace è stata l'ennesima occasione per un comizio contro Berlusconi. Tra i bersagli anche Minzolini, Bruno Vespa, la Rai e l'alta velocità. Parola d’ordine: col­pire a vista. In nome della pace, s’intende

Quei finti pacifisti sempre in guerra

A che serve la marcia della pace? È ovvio: a fare un po’ di guerra. Guerra verbale, se non altro. Al­tre manifestazioni pacifiste, in effetti, riuscirono anche meglio: vetrine rotte e crani fracassati. Quella di ieri, invece, è stata in to­no minore: solo un po’ di batta­glia di parole. Ovviamente con­tro Berlusconi. Ma anche contro i ricchi, Minzolini, Bruno Vespa, la Rai e la Tav. Attacchi a testa bassa, sciabolate e varie spara­te: appena il corteo si è mosso, hanno aperto il fuoco. Parola d’ordine: col­pire a vista. In nome della pace, s’intende.

Si celebrava ieri il cinquantesi­mo anniversario della prima mar­cia, voluta da Aldo Capitini. Ma, dopo aver ascoltato le dichiara­zioni ufficiali di ieri, a un osserva­tore neutro potrebbe venire il dubbio: perché diavolo Aldo Ca­pitini cinquant’anni fa volle una marcia della pace, dal momento che Berlusconi ancora non era al governo? Da Rosy Bindi a Vendo­­la, da Leoluca Orlando al sindaco di Perugia, non c’è stato politico partecipante che non abbia ridot­to la grande manifestazione a una mozione di sfiducia contro il Cavaliere. Tutto legittimo, per ca­rità. Ma sono così ostinati nel vo­ler liquidare il governo, che non si accorgono che così, intanto, fini­scono per liquidare ancor prima la pace.

C’erano migliaia di giovani ie­ri, scout, gente delle parrocchie, volontari, facce pulite, chitarre scordate, voci stonate. Alla fine di tanto entusiasmo, che cosa reste­rà? Rosy Bindi che chiede le dimis­sioni di Berlusconi, Nichi Vendo­la che vuole una patrimoniale, il delegato Cgil che si scaglia contro l’articolo 8. Avanti popolo, alla ri­scossa: per l’occasione speciale del cinquantesimo anniversario sono stati rispolverati tutti i luo­ghi comuni della retorica, Norber­to Bobbio e Guttuso, Calvino e la resistenza. Il corteo, per dire, è sta­to aperto dal trattore dei fratelli Cervi perché la marcia della pace non dimentica mai le violenze del fascismo. Ce lo hanno ricorda­to­alcuni ferventi pacifisti non vio­lenti che sfilavano indossando la maglietta del pacifista e non vio­lento Che Guevara. Che ci volete fare? Evidentemente la memo­ria, da queste parti,è come l’albe­ro di Natale: s’illumina solo a in­termittenza.

E così, alla fine della retorica, Capitini, Bobbio e trattore per­mettendo, resta qualche dubbio. Il pacifismo e la non violenza non saranno qualcosa di troppo gran­de e universale da essere ridotte a mera fazione? Ed è possibile spe­rare di ottenere la pace mondiale scatenando la solita guerra per bande in casa nostra? Forse san Francesco non si sarebbe mai iscritto alla Cgil. E forse non sareb­be stato contento di vedere la sua Assisi ridotta al retrobottega del­la politica. O no? Non bastano il Parlamento, i giornali, le tv, i Bal­larò e i corridoi dei palazzi roma­ni per fare la guerra a Berlusconi? C’è bisogno pure della marcia del­la pace?

Davvero, cara Rosy Bin­di, è convinta che per far trionfare la fratellanza dei popoli mondiali sia sufficiente la caduta del gover­no? Non le pare che ci sia un po’ di sproporzione fra gli ideali di quei ragazzi che sfilano e la meschina ripetitività delle sue dichiarazio­ni? Davvero fa tenerezza guardare i visi rossi, i fazzoletti da boy­scout, i cartelloni scritti con i pen­narelli dell’oratorio. Fa tenerez­za pen­sare che la genuinità di tan­ti giovani finisce nelle fauci dei so­liti mestieranti della protesta, che usano anche la pace come un predellino per le loro bellicose ambizioni. E così anche ieri Assi­si, alla faccia di san Francesco, è diventata il teatro per tante picco­le guerre personali: Rosy Bindi ha fatto la sua battaglia contro il go­verno. Nichi Vendola ha fatto la sua battaglia per la patrimoniale, i No Tav hanno fatto la loro batta­glia contro il treno, e il sindaco di Perugia ha fatto la sua guerra con­tro i tagli ai Comuni, manco la pa­ce fosse una riunione dell’Anci.

Alla fine è arrivato pure Roberto Natale che ha fatto la sua batta­glia contro Minzolini, il Tg1 e Ve­spa, manco la pace fosse una riu­nione dell’Usigrai. Così non può non restare un po’ di scoramen­to, lo diciamo anche per chi alla marcia della pace ci crede davve­ro e finisce per essere rappresen­tato da questi qua. Detto fra noi: non è un po’ poco? Non è un po’ misero? I conflitti, diceva uno stri­scione, non si risolvono con la pi­stola. Sì, è vero.

Ma nemmeno con i pistola, però.

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