Quei macchinoni col pass per disabili

MilanoQuando uscì in strada impugnando la pistola, quel 17 maggio del 2003, Giovanni Petrali non si rese conto che il pericolo era cessato. Tecnicamente, si chiama «legittima difesa putativa». Ma è con questa formula che, ieri, i giudici della prima corte d’assise di Milano hanno assolto l’anziano tabaccaio dall’accusa di omicidio. Perché Petrali sparò sette colpi, colpendo alle spalle e uccidendo Alfredo Merlino (20 anni), e ferendo il suo complice Andrea Solaro, oggi 26enne. Ma lo fece, secondo i giudici, perché convinto che la propria incolumità fosse ancora a rischio. Due anni fa, nel processo di primo grado, Petrali era stato condannato a un anno e 8 mesi di reclusione con la condizionale, per omicidio colposo e lesioni colpose, perché il suo fu un «errore non incolpevole». Sfumature. Differenze minime che, però, hanno fatto la differenza. «E oggi - è il commento di Marco Petrali, avvocato e figlio di Giovanni - è stata scritta una pagina di bella giustizia».
Assolto, il tabaccaio, al termine di una lunga camera di consiglio. Il procuratore generale aveva chiesto una condanna a 9 anni e mezzo per omicidio volontario e tentato omicidio, perché la reazione di Petrali si era «sostituita al doveroso intervento delle forze dell’ordine». «Legittima difesa - è stata la tesi dell’accusa - significa trovarsi nella condizione di non poter agire altrimenti per difendere il diritto minacciato». «I rapinatori erano armati e il tabaccaio non ha potuto far altro che pensare che quella pistola avrebbe fatto fuoco», è stata la replica dei legali. Fuori dall’aula, Antonio - l’altro figlio del tabaccaio - riassume con toni trancianti. «Se Merlino fosse stato a casa sua, tutto questo non sarebbe successo».
Assolto, Petrali, in una storia che dalla cronaca è immediatamente tracimata nella politica. Con la Lega che si è schierata fin dall’inizio con il tabaccaio di piazzale Baracca, che ha seguito i due gradi di giudizio, che ancora ieri era davanti al tribunale con lo striscione «Siamo tutti tabaccai», e che dopo la lettura della sentenza ha annunciato di voler candidare Antonio Petrali alle prossime comunali. «Ora - commenta Matteo Salvini, capogruppo del Carroccio in Comune - c’è una sentenza che dice che non può essere condannato uno che ha risposto dopo essere stato aggredito mentre stava svolgendo il suo lavoro, anche se questo non è un invito a farsi giustizia da soli». «Per alcuni mestieri - rilancio Salvini - ci vorrebbe un aumento degli strumenti di difesa, e sarebbe sufficiente la dotazione di uno spray». «Non può essere accettato che un tabaccaio, già plurirapinato, debba subire l’infamia di passare per assassino - aggiunge il vicesindaco di Milano e assessore alla Sicurezza, Riccardo De Corato - e rischi di finire in carcere solo perché si è difeso da malviventi armati per salvarsi la pelle».


Alla fine, il giudice ha anche disposto che a Giovanni Petrali - 77 anni - venga restituita una pistola (non quella con cui sparò) che gli era stata sequestrata. «Siamo contenti - dicono i figli - era un ricordo di guerra del nonno». La chiuderà in un cassetto, l’anziano tabaccaio. «Non voglio più tenere un’arma, per non correre il rischio di doverla usare».

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