da Milano
Ha 61 anni, è ancora precario ma nessuno riesce a mandarlo in pensione. Forse è proprio questo, a rendere linno dItalia così tanto rappresentativo del popolo italiano, checché ne dicano gli italiani, che da sempre litigano sullopportunità di sostituirlo. Il nome, per dire, che non è «Fratelli dItalia» ma «Il Canto degli italiani», già la dice lunga su quanto sia stato bistrattato. E poi la perenne provvisorietà: linno che Goffredo Mameli scrisse e che Michele Novaro musicò nellautunno 1847 è ancora abusivo, perché il 12 ottobre 1946 fu adottato come inno nazionale, sì, ma poi la Costituzione lo indicò solo in via provvisoria, nellattesa di trovare di meglio.
La proposta di modifica alla Carta che vorrebbe conferirgli ufficialità fa il giro del Parlamento da svariati anni, e adesso il primo firmatario, il senatore Luigi Grillo di Forza Italia, giura che «prima di Natale sarà cosa fatta», ma chissà. Del resto, era passato solo un anno dalla sua composizione quando Giuseppe Mazzini chiese a Mameli di scriverne uno nuovo. Avrebbe dovuto musicarlo Giuseppe Verdi, il risultato fu disastroso: il testo non appassionò, la musica fu la peggiore del grande compositore. Da allora linno di Mameli non trova pace. Chi ne critica la musica, una «marcetta» ripetono i detrattori, chi lamenta un testo troppo patriottico e retorico, chi, con lo storico Antonio Spinosa, lo trova addirittura maschilista per il mancato accenno alle imprese risorgimentali al femminile e vorrebbe cambiarlo così: «Fratelli dItalia, lItalia sè desta. Fratelli e sorelle, mettiamoci a festa».
Se in epoca fascista il «Canto degli italiani» andò fuori moda, surclassato da «Giovinezza», è negli ultimi anni che gli italiani si sono maggiormente divisi sul canto che avrebbe voluto unirli. Il primo a proporre di defenestrarlo, si sa, fu Umberto Bossi, che non lo ha mai riconosciuto e tantomeno cantato, fedele solo al «Nabucco». Lungi dal lasciare la polemica al leader leghista, il resto della politica sè mobilitato per aumentare la confusione. Rocco Buttiglione, per dire, nel 2001 da ministro delle Politiche comunitarie propose di sostituirlo con il «Va pensiero», subito bocciato con sdegno da An, ma anche dalla stessa Lega Nord allurlo di «Giù le mani dal "Va pensiero", simbolo dei padani oppressi», trovatevene un altro, magari scritto da Vasco Rossi, azzardò Roberto Speroni.
Un tormento mai placato, per linno. Lo scandalo sui calciatori della nazionale che prima delle partite non lo intonavano, si pensò a uno scarso attaccamento alla Patria, più probabile che non ne conoscessero le parole. Gli sforzi di Carlo Azeglio Ciampi che, da presidente della Repubblica, affidò larduo compito di restituirgli dignità a grandi direttori dorchestra come Salvatore Accardo e Claudio Abbado. Le polemiche scoppiate quando la cantante Elisa ne scrisse una versione moderna quale sigla delle trasmissioni televisive sui mondiali di calcio in Giappone. Ci sera messo pure Luciano Pavarotti, che propose di sostituirlo con «O Sole mio».
paola.setti@ilgiornale.it
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