Tony Damascelli
Da qualche parte dovrà pur essere finito quel coriandolo granata. Vorrei sapere dove. Può dirmelo soltanto Giorgio Tosatti che ha messo assieme le memorie in un libro di duecentocinquanta pagine di carriera ma di oltre mezzo secolo di esistenza. La sua e anche la nostra, degli italiani che volevano bene e che ancora amano il football e il ciclismo, la boxe e lautomobilismo, Mennea e Thoeni, la vita, sempre. Tu chiamale, se vuoi, emozioni, dice il titolo del libro per i tipi di Mondadori. Mogol e Battisti aiutano... a stringere le mani per fermare qualcosa che è dentro me ma nella mente tua non cè...
Le emozioni di un ragazzo che aspetta il padre davanti alla sede de la Gazzetta del Popolo, in corso Valdocco al civico due. Renato non arrivava, non arrivò, era rimasto sulla collina di Superga, assieme agli altri, Rigamonti e Castigliano, Valentino Mazzola (che nella copertina stringe i lacci delle scarpette a un pupo che è Sandrino), e tutti gli altri del grande Torino e i colleghi di Renato Tosatti. «È morto», disse un usciere a Giorgio che, inquieto, vedeva trascorrere il tempo e il silenzio assieme. Aveva dodici anni già pieni di sogni e di speranze. Uso apposta larticolo indeterminativo «un», quellusciere non altro avrebbe meritato. Da quel giorno cattivo incominciò unaltra esistenza e cinquantasei anni dopo ecco un album a «calori», la raccolta degli articoli scritti e apparsi sul Corsport e il Corsera, il Giornale e la Repubblica, Sette e il Guerino e altri tratti dal libro scritto con Lino Cascioli (un paio di errori nelle note avranno fatto imbufalire Giorgione Tosatti: Cascioli scritto ripetutamente Calcioli e, nella fotografia ritratto accanto al padre Renato, Rigamonti diventato Ripamonti; transeat).
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