Quel medico pugile messo ko dal figlioccio

Menava ganci e diretti dentro e fuori dal ring, ma con la prima moglie malata fu un angioletto (però ne teneva in caldo un’altra...). E dovette rimangiarsi un celebre «omicidio»

Raggiunti i 66 anni, si tuffò nello spiritismo passandovi i cinque che gli restavano da vivere. Tralasciò le proprie attività - il medico, il romanziere, lo sportivo (ma su questo abbandono influiva anche l’età) - per propagandare la nuova fede. Da uomo impeccabile qual era, si trasformò in tipo bizzarro. Perse considerazione e amici.
Solo la famiglia non lo abbandonò. Tra lui e Jean Leckie, la seconda moglie, c’era un grande amore nato quando il Nostro era ancora sposato con Touie, malata di tbc. All’indomani del fatale incontro, il Nostro mise in chiaro con Jean che finché Touie era in vita, avrebbero avuto rapporti platonici. Un atteggiamento moralistico che affondava le radici nell’educazione cattolica ricevuta dai Gesuiti. Il Nostro, seppure nato in Scozia, era infatti d’origine irlandese. Nell’attesa, per lenire l’impazienza della «fidanzata», il fedifrago fedele presentò Jean alla propria madre che la accolse come una nuora. Questa situazione deliziosamente ipocrita era tipica dell’epoca vittoriana in cui la storia si svolge.
L’ambiguo intreccio si protrasse per dieci anni durante i quali il Nostro si occupò con abnegazione della moglie malata. La portò sulle Alpi svizzere, nell’Alto Egitto e in altri luoghi dal clima secco. Ma tutto risultò vano e Touie passò a miglior vita. Assolto il proprio dovere, il Nostro impalmò l’amata Jean.
L’unione fu molto felice. Al fianco di Jean, il Nostro addolcì il suo carattere. Da giovane, pratico di boxe, era stato coinvolto in diverse risse. Quasi sempre per difendere le donne. Nel loggione di un teatro si battè con un plotone di soldati che infastidivano una ragazza. Medico a Portsmouth, picchiò un tale che maltrattava una donna in mezzo alla strada. Ai tempi di Touie, dette un ceffone a un suo figlioletto che aveva fatto un innocente commento sulla bruttezza di una signora. «Ricorda che nessuna donna è brutta», lo rimproverò.
Mentre dunque viveva felice accanto a Jean, il Nostro fu preso all’improvviso dalla smania spiritica. In cinque anni di proselitismo avvicinò trecentomila persone, spingendosi fino al Sud Africa e all’Australia. Scrisse anche diversi libri sulle sue esperienze. Le ragioni del raptus mistico sono rimaste oscure ai suoi biografi. Da parte nostra, azzardiamo l’ipotesi che sia stata una sorta di espiazione per il terribile delitto tentato nel 1893, all’età di 44 anni.
Il Nostro era tormentato da una figura che gli faceva ombra. «Un tipo alto, magro, dal cranio spiccatamente oligocefalo, il cui volto affilato e vivace era incorniciato dal copriorecchi di un berretto da viaggio». L’ansia che costui dava al Nostro consisteva nel fatto che il pubblico tendeva a scambiare lui con l’altro. L’equivoco gli era del tutto incomprensibile. In primo luogo, perché il tizio ai suoi occhi era un immoralista lontano mille miglia dalla sua specchiata figura. Pensare che il ceffo era seguito passo passo da un medico con il compito di impedirgli di assumere morfina. Una droga! Quanto di più immondo il Nostro potesse concepire. Già questo gli pareva più che sufficiente per escludere tra loro qualsiasi somiglianza. Ma i conti non tornavano neanche sotto l’aspetto fisico. In comune avevano solo l’altezza e l’abitudine di fumare la pipa. Per il resto, erano agli antipodi. Il Nostro era massiccio, quanto l’altro era filiforme. Aveva il viso largo e il naso piuttosto rincagnato. Eppure, nonostante le evidenti differenze, la gente continuava a chiamare l’uno con il nome dell’altro e a indirizzare scambievolmente la posta.
Alla lunga, il Nostro si sentì derubato della propria identità. Decise così di eliminare il «sosia». Anticipò le sue intenzioni alla madre la quale, allarmatissima, lo supplicò: «Non farai una cosa simile! Non puoi! Non devi!». Rinviò così l’esecuzione di un paio d’anni. Poi, non potendone più, si liberò dell’ombra molesta precipitandola nelle cascate di Reichenbach.
L’Inghilterra cadde in depressione. I londinesi in lutto misero dei nastri neri sui cappelli, i salotti ne furono sconvolti. Una dama esclamò: «Mi si è rotto il cuore. Mi piacevano tanto i libri che lui scriveva», scambiando di nuovo l’autore con la sua creatura.

Il Nostro capì che il delitto era stato inutile e, a furor di popolo, fu costretto a riesumare il personaggio, spiegando che in realtà non era caduto in acqua.
Ma la perfida azione lo tormentò per il resto della vita, inducendolo al misticismo degli ultimi anni.
Chi era?

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