
Non c'è popolo più degli italiani al quale piaccia farsi raccontare le favole. Spesso credendoci pure. La conoscete quella degli agnelli che si fanno lupi?
C'erano una volta tre piccoli agnellin, tre fratellini nati e cresciuti agiatamente senza aver mai superato la fase dello svezzamento dentro una grande famiglia, di quelle in cui i nonni costituiscono il gregge, i padri lo mantengono e figli lo disperdono.
Dei tre agnellini il maggiore, con eleganza e incoscienza, distrusse in pochi anni tutto ciò che la famiglia aveva costruito in un secolo, tra auto, squadre di calcio e giornali. Quello di mezzo inanellò una serie catastrofica di attività imprenditoriali - società di occhiali, ristoranti-officina, sneaker di lusso - fra auto-rapimenti, chalet e piste (molte piste) a St. Moritz e notti brave fra amici: nome d'arte Patrizia. E la minore invece aveva l'hobby di fare film che incassavano un decimo dei finanziamenti pubblici ricevuti.
Tutto fatto con un certo charme, c'è da dire.
E poi i tre piccoli agnellin si intascarono un'eredità non dichiarata, fregando una madre ancora più esosa di loro, pecorella più spietata dei lupi, nascosero al fisco un miliardo di euro, chiusero la truffa - con la consueta sprezzatura - pagando due euri.
E intanto, attraverso i giornali di famiglia, re d'Italia e capitalisti di Stato, ci spiegavano, da sinistra, come il cancro del Paese sia la destra che difende gli evasori.E la morale della favola è che non c'è alcuna morale. E neanche dignità.