Il primo dicembre del 2005 incontrai Silvio
Berlusconi a Palazzo Grazioli offrendogli la mia disponibilità ad
assumere la responsabilità di un nuovo dicastero, che denominai
ministero dell’Integrazione, dell’Identità nazionale e della
Cittadinanza. Al capo del governo la proposta piacque e manifestò
subito la volontà di attuarla, ma si scontrò con il veto posto
dall’allora ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu che, per un verso,
non aveva gradito le critiche che gli avevo rivolto dalle pagine del Corriere della Sera
alla sua infelice decisione di includere l’allora presidente
dell’Ucoii ( Unione delle Comunità e Organizzazioni islamiche in
Italia), Nour Dachan, in seno alla Consulta per l’islam d’Italiae,
dall’altro,non intendeva rinunciare alle prerogative del suo
ministero, che monopolizza il tema dell’immigrazione traducendosi in
potere politico, risorse finanziarie, visibilità mediatica e poltrone
da spartire.
Ho scritto nel mio libro Io amo l'Italia ,
edito dalla Mondadori nel maggio del 2006, che è un errore confinare
il tema dell’immigrazione al ministero dell’Interno perché
corrisponde ad appiattirlo alla dimensione della sicurezza, mentre
esso si colloca nel progetto di un nuovo modello sociale che va
definito in seno ad un dicastero ad hoc. La conferma della bontà della
mia intuizione arrivò un anno dopo con la vittoria di Nicolas Sarkozy
in Francia che ha dato vita al ministero dell’Immigrazione,
Integrazione, Identità nazionale e Sviluppo solidale. Partendo dalla
premessa che l’immigrato non è solo due braccia utili per lavorare ma
una persona che si esprime nell’integralità della sua dimensione
sociale, culturale, valoriale e identitaria, si comprende che
l’integrazione non può non chiamare in causa principalmente la nostra
concezione della persona e della società e che, pertanto, soltanto se
abbiamo la consapevolezza di chi siamo potremo consentire l’adesione
del prossimo al nostro modello di convivenza.
Così come,
prendendo atto che è umanamente impossibile che l’Italia o anche
l’Europa possano accogliere le decine di milioni di disperati che in
Africa, in Asia e in America Latina potrebbero vantare lo status di
rifugiati perché in fuga da conflitti in atto o comunque richiedenti
asilo per ragioni economiche e sociali, la sola alternativa seria e
ispirata dall’autentico amore per il prossimo è di favorire il loro
radicamento a casa propria prevenendo ed eliminando le cause che li
obbligano a emigrare. Ecco perché lo «Sviluppo solidale » diventa
organico ad una proposta che mette al centro la dignità dell’immigrato
come persona, portandoci ad assumere l’impegno ad aiutarlo a casa sua
affinché si auto-emancipi diventando protagonista dello sviluppo del
proprio Paese, mettendolo nella condizione di poter essere
pienamente se stesso nella terra natia e tra i propri cari.
Ebbene, di fronte al dramma umano di decine di migliaia di
africani in fuga di cui gli italiani stanno affrontando le
conseguenze in termini di comprensibile esasperazione di chi tra
noi è direttamente coinvolto, di crescita dell’insicurezza reale e
percepita tra la popolazione, di sperpero delle nostre risorse per
la militarizzazione delle coste, di costituzione di nuovi centri di
accoglienza e di nuovi centri di espulsione, di ampliamento delle
carceri, nonché di aggravio della spesa pubblica per le varie voci
inerenti l’accoglienza anche successivamente alla fase emergenziale,
dobbiamo essere capaci di assumere un’iniziativa che ci consenta di
gestire questo fenomeno di portata storica e non limitarci a subirne
gli effetti.
In primo luogo dobbiamo comportarci con quel senso di
responsabilità che De Gasperi individuò nello statista che guarda alla
prossima generazione, distinguendolo dal politico che guarda alla
prossima elezione. Non possiamo continuare ad avere come unico parametro
di riferimento i titoli di apertura dei telegiornali, finendo per
perdere di vista la realtà, sostituendola con una mistificazione
politicamente orientata con la finalità di riscuotere il consenso
costi quel che costi da tradursi in voti in una campagna elettorale che
si consuma ininterrottamente perché si teme che il governo possa
cadere da un giorno all’altro.
Tenendo presente quanto sta
accadendo, ritengo che sia arrivato il momento di dar vita ad un nuovo
dicastero riformulato come ministero dell’Identità nazionale,
Cittadinanza, Integrazione e Sviluppo solidale. Perché il punto di
partenza del percorso dell’integrazione è la consapevolezza, la
certezza e l’orgoglio dei valori che sostanziano la nostra identità
nazionale e delle regole che sono alla base della nostra cittadinanza.
Solo se siamo certi di noi stessi potremo rapportarci in modo
costruttivo con il prossimo.
In questo contesto l’integrazione
deve essere concepita come un processo vincolante non facoltativo,
dove, a fronte del diritto accordato a venire in Italia per
migliorare le proprie condizioni di vita, ci deve essere
l’ottemperanza del dovere di integrarsi, che significa l’obbligo di
apprendere la lingua italiana ad un livello adeguato, di conoscere
la nostra cultura, di rispettare le nostre leggi e le regole della
civile convivenza, di condividere i valori non negoziabili che sono
alla base della nostra civiltà, di partecipare agli ambiti sociali dove
si attesta con i fatti che ciò che si dice e ciò in cui si crede
corrisponde alle opere che si compiono.
Parallelamente lo Sviluppo
solidale deve far sì che soprattutto i giovani stranieri siano
incentivati a vivere a casa loro, affinché l’emigrazione, che comunque
continuerà ad esserci perché è connaturata all’esistenza stessa
dell’uomo, sia un’emigrazione scelta e non forzosa.
Ma dobbiamo fare in fretta. La costituzione di questo nuovo ministero è più che mai urgente sia per consolidare il nostro fronte interno, facendo primeggiare una concezione dell’identità nazionale e della cittadinanza che ci unifichi e ci renda credibili e rispettabili, sia per fronteggiare con serietà e rigore la sfida più grave che incombe sul nostro popolo e sulla nostra civiltà. Teniamo presente che non ci sono scappatoie e che è finito il tempo dei politicanti. Se continueremo a mistificare la realtà edulcorandola per finalità politiche, finiremo per pagare un prezzo più alto quando prima o dopo la realtà si imporrà. Al presidente Berlusconi non mancano né il realismo né il coraggio per fare una scelta necessaria per affrontare dalla radice questa emergenza storica, dando subito vita al nuovo ministero dell’Identità nazionale, Cittadinanza, Integrazione e Sviluppo solidale.
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