Ogni volta che la favola bella del sogno americano mostra qualche ruga (per colpa delle luci sbagliate, o di qualche truccatore distratto...), puntuale come il mal di testa del dopo-sbornia entra in scena la sagoma traballante del più benedetto dei Maledetti. Per lui l’American Dream fu un incubo volontariamente affogato nell’alcol. Ma forse è vero anche il contrario: proprio perché messo sotto spirito, il sogno americano si conserva meglio e gli eccessi «normali» di Henry Charles Bukowski, come una cartina di tornasole, servono ad esaltarlo, a riqualificarlo per pura e semplice contrapposizione dialettica. In fondo, era nato in Germania, ad Andernach, non molto distante da Stoccarda, la città natale di Hegel...
Avrebbe compiuto novant’anni due giorni fa, «il bravo, vecchio Hank», come voleva farsi chiamare. Preferiva Hank perché Henry lo usavano i suoi genitori quando volevano imporgli qualche commissione, mentre Charles, diceva, «è ok solo sulla pagina scritta». Li avrebbe compiuti, novant’anni, se la leucemia non l’avesse stroncato il 9 marzo del ’94, riuscendo laddove avevano fallito le stolide, disperate digressioni che avrebbero facilmente abbattuto un fisico meno resistente del suo.
Bukowski, con John Fante, da lui molto apprezzato, e poi con la variegata compagnia di giro della Beat Generation, che invece non amava, è stato la (cattiva) coscienza di un Paese. È stato il vento che marca visita e si placa, sarcastico, nei momenti in cui ci sarebbe da far garrire la bandiera mentre sotto, perfettamente allineati e con la mano destra sul cuore, i bravi americani sono pronti a commuoversi fin dalle prime note dell’inno.
A proposito di stars and stripes, un piccolo episodio della vita del giovane Hank, riportato da Paolo Roversi in Charles Bukowski. Scrivo racconti e poi ci metto il sesso per vendere (il saggio-biografia ripubblicato in questi giorni da Castelvecchi), è davvero illuminante sul suo carattere e sul suo destino di scrittore. Dunque, alla Junior High School che il ragazzo frequenta senza infamia e senza lode, un bel giorno fa visita nientemeno che il presidente Hoover. Inevitabile, quindi, il tema in classe inflitto dal professore di lettere sull’evento epocale. Ebbene, la relazione a firma del futuro autore di Pulp e Post Office spicca nettamente su quelle dei compagni, tanto da ricevere un solenne encomio. Peccato che Hank, con mossa già chiaramente bukowskiana, il presidente non l’avesse nemmeno visto! Ecco, la sua scrittura è questo: è vestire il reale con i panni del plausibile.
Certo, l’autobiografismo è la cifra distintiva di Bukowski, ma ne è anche la fedele maschera. Dietro il whiskey c’era, a fiumi, l’acqua minerale; dietro la frequentazione di bettole e cattive compagnie c’erano, eccome, le letture «alte» (Lawrence e Hamsun, per esempio); dietro le innumerevoli Donne (titolo secco, dry di un suo libro) prese e lasciate c’era il fatto, attestato, che il primo rapporto sessuale completo lo ebbe alla veneranda età di 23 anni; dietro allo scorbutico, allo scostante, al volgare mattatore (celebre la bottiglia scolata nel salotto buono della trasmissione della tv francese Apostrophes) fa capolino qualche posa da gentiluomo d’antan, come il baciamano e la rosa donati a Fernanda Pivano, accompagnati da una timida richiesta: «Scrivi qualcosa di carino su di me»; dietro alle recite nazistoidi atte a scandalizzare gli astanti trapela la tenerezza del padre per la figlia Marina.
Non si tratta di spiare dal... Bukowski della serratura, ma di conoscerlo meglio, soffiando via la polvere che, fatalmente, s’è posata, da un decennio all’altro, sulla sua opera. Contribuirà in tal senso la mostra «Charles Bukowski: Poet on the Edge», in programma alla Library’s West Hall di San Marino (California) dal 9 ottobre, che esporrà, fra l’altro, molti scritti originali, donati a «The Huntington», la libreria-galleria di San Marino. Poi, per assumere informazioni di prima mano, ecco le opportune recenti ristampe di Panino al prosciutto e Factotum proposte da Tea. Leggendoli potremo smascherare Hank con la sua stessa complicità.
Perché ogni vero istrione, a un certo punto del monologo, si ricorda che sta recitando. E magari torna a essere un timido ragazzo complessato per colpa dell’acne. Uno che non s’è ancora calato nella parte del personaggio di se stesso, e alza il bicchiere di nascosto da tutti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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