Cronaca locale

Quella «casa» che lanciò Verdi

Domani sera il concerto dà il via alle celebrazioni per il bicentenario

Giovanni Ricordi, l’uomo che operò al momento giusto e nel luogo giusto, nella Milano d’Ottocento che anche grazie alla Scala divenne il polo d’attrazione delle eccellenze musicali: via via magnetizzate dal marchio Ricordi. Un imprenditore degno di capitanare Confindustria (peccato per il «momento» che non sarebbe quello «giusto») con un’azienda editoriale al passo e spesso in anticipo sui tempi e che una volta tanto non soffrì i passaggi di consegne di padre in figlio, acquisendo semmai ulteriore smalto.
Sono trascorsi duecento anni da quando Giovanni si metteva in proprio inaugurando la tipografia che fu trampolino di lancio per l’editrice musicale leader in Italia. In pochi anni Giovanni Ricordi metteva piede alla Scala acquisendo la «carta straccia» (ovvero le partiture) negli archivi del teatro. Quella montagna di autografi si sarebbe arricchita con altre opere, primo passo dell’archivio Ricordi, frutto di artisti via via entrati nella prestigiosa scuderia, due su tutti: Giuseppe Verdi e Giacomo Puccini. Tito si pose sulle orme di sì tanto padre, quindi gli subentrò il figlio Giulio, fra gli esponenti più brillanti del fortunato ceppo. Con lui l’editoria diventava a tutti gli effetti il motore della macchina operistica italiana. L’editore stampava libretto e musica, noleggiava partiture ai teatri, propugnava compositori, cast d’artisti, bozzetti per costumi incidendo profondamente nelle scelte dei cda teatrali d’allora.
Editoria che orientava i gusti del pubblico verso un’opera piuttosto che un’altra anche grazie a operazioni mediatiche: Ricordi pensò bene di emanare un suo giornale, la Gazzetta musicale, e non mancò di praticare ostracismo a opere wagneriane o francesi sostenute dagli editori avversari. Di qui, le partigianerie artistiche che opponevano, ad esempio, Verdi a Wagner ossia la musica italiana a quella dell’avvenire: ecco il clamoroso fiasco di Lohengrin alla Scala nel 1873. Il problema wagneriano rientrava con un colpo di spugna di Ricordi che acquisiva la casa Lucca, annullando la concorrenza. Era l’editoria, unitamente a ragioni di ordine economico (è più conveniente l’affitto di un lavoro già confezionato rispetto alla commissione di uno nuovo) e alla concezione di melodramma da intendersi come opera d’arte, a favorire la costituzione di un repertorio, quello che oggi – almeno in Italia – schiaccia il nuovo.
L’approccio dell’editore-mecenate incarnato da Giulio mutava cambiava con i fisiologici cambi generazionali e il volgere del nuovo secolo.

Profonda riorganizzazione nel secondo dopoguerra e radicale nel 1994 con la Ricordi sempre meno italiana entrata a far parte del gruppo multimediale tedesco Bertelsmann, poi un ulteriore rimpasto con la creazione della società italiana Archivio Ricordi (proprietaria del marchio e dell’Archivio) mentre la Universal s’è presa il catalogo delle Edizioni Musicali, del resto già prima la Bertelsmann aveva licenziato il marchio RicordiMediaStore al gruppo Feltrinelli e l’etichetta discografica Ricordi alla SonyBmg.

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