Il 3 febbraio la Chiesa ricorda San Biagio con un rito particolare che è la benedizione della gola. Una domanda di protezione al Santo fatta poggiando alla due candele incrociate (oppure con l'unzione, mediante olio benedetto), sempre invocando la sua intercessione. L'atto si collega a una tradizione secondo cui il vescovo Biagio, mentre veniva condotto al martirio, avrebbe prodigiosamente liberato un bambino da una spina o lisca conficcata nella sua gola. A Genova e nel genovesato il suo culto è testimoniato dall'esistenza in Val Polcevera di una chiesa a lui dedicata e documentata sin dal 1143, quella appunto di San Biagio ai piedi del monte Figogna, dalla chiesa dell'Ospedale eretto a Rivarolo nel 1186, dalla chiesa di Bacezza, vicino a Chiavari, consacrata a San Biagio nel 1292.
Biagio, nativo di Sebaste in Armenia, fu vescovo di quella città dove visse tra il 3º e 4º secolo d.C.. Per la sua fede fu imprigionato dai Romani e nel periodo della sua carcerazione operò diversi miracoli. Durante il processo rifiutò di rinnegare la fede cristiana; per punizione fu straziato con pettini di ferro. Fu quindi condannato alla decapitazione che subì nel 316 d.C.
Oltre ad essere considerato taumaturgo per il mal di gola, San Biagio è anche ricordato, assieme a Sant'Isidoro, come patrono degli agricoltori: la sua devozione è diffusa nelle campagne genovesi. Nel giorno della sua festa, era tradizione portare in chiesa un pugno di cereali, che, dopo essere stati benedetti, si mescolavano a quelli della semina per propiziare un buon raccolto. La sua venerazione si diffuse a Genova particolarmente durante le Crociate: sono molte le chiese genovesi che conservano reliquie o un altare dedicato al santo. L'iconografia di S. Biagio riconduce spesso al simbolo del suo martirio, il pettine del cardatore, oppure alle candele incrociate in ricordo del miracolo della lisca e del rito della benedizione della gola, o ancora alla scena della tortura, subita legato ad un palo o sospeso ad un albero. La comunità di San Biagio in Polcevera ricorda domenica il Santo con celebrazioni religiose nella chiesa parrocchiale e col rito della benedizione della gola. Una chiesa che cela al suo interno interessanti opere della scultura e della pittura genovese: dal settecentesco altar maggiore, del quale pochi anni fa è stato rintracciato l'atto notarile col quale nel 1704 lo si commissionava agli scultori Ignazio Macetti e Domenico Corbellino, ai dipinti del XVIII sec. di Agostino Ratti e Giuseppe Galeotti, agli affreschi del secolo successivo del gaviese Santo Bertelli.
Quelle due candele che guarivano la gola
Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.