Quelle poliziotte col velo addestrate dagli italiani

A Herat la missione delle prime militari afghane della Nato. Una sfida ai tabù: minacciate dai fidanzati che non sopportano di vederle in divisa

Quelle poliziotte col velo addestrate dagli italiani

I carabinieri in Afghanistan si sono imbarcati nella «mission impossible» di addestrare le donne afghane per farle diventare poliziotte. Una missione che se avrà successo, nel paese del burka, sarà rivoluzionaria. Oggi ad Herat entreranno a far parte del corpo di polizia afghano le prime trenta donne addestrate dal Centro regionale della Nato.
In tutto l’Afghanistan le poliziotte sono poco più di 1200 oltre a qualche centinaia di donne soldato. Poco meno dell’1 per cento rispetto agli agenti uomini, ma l’obiettivo del governo di Kabul è farle diventare 5mila nel 2014, quando i soldati occidentali in gran parte se ne andranno. Non solo: le donne soldato, che hanno già un generale, Khatol Mohammadzai, dovranno diventare il 10 per cento di 170mila uomini.

Dopo 4 settimane di corso le 30 poliziotte riceveranno oggi il cinturone, la pistola e indosseranno con orgoglio la divisa grigia degli agenti. Pantaloni e camicione all’afghana come gli uomini, con tanto di berretto a visiera. Un velo nero d’ordinanza copre la testa lasciando libero il volto. Le donne in divisa sono state addestrare da due contractor americane. Il programma però, che riguarda anche i poliziotti, è affidato a una quarantina di carabinieri. «Le poliziotte sono energia positiva e serviranno a cambiare l’immagine della donna in Afghanistan» ha dichiarato ieri il generale Shahzad, che comanda il 207° Corpo d’armata afghano ad Herat.

Le neo poliziotte, addestrare nel Centro della Nato, tornavano ogni sera a dormire a casa per evitare promiscuità con i colleghi maschi. Il 29 settembre, proprio nella provincia di Herat sono cadute in azione le prime due afghane, che si erano arruolate quattro anni fa. Una bomba piazzata in una motocicletta è esplosa al passaggio della macchina della polizia.

Martedì il generale Luciano Portolano, che comanda il contingente italiano di 4200 uomini, ha chiuso il primo corso per la creazione di speciali squadre di donne soldato. Ventisette ragazze in divisa, italiane e alleate, sono state specificatamente addestrate per entrare in contatto con le donne afghane in zona di operazioni sia con compiti militari, che umanitari. Gli americani hanno introdotto questa novità in gennaio e le donne soldato seguono anche i corpi speciali. A consegnare i diplomi del corso di Herat c’era il generale Mohammadzai, la prima donna con questo grado. Arruolata da giovanissima è stata addestrata dai paracadutisti sovietici. «Quando mi sono lanciata la prima volta ero talmente leggera, che i compagni stavano già a terra mentre io ancora scendevo appesa al paracadute» racconta l’alto ufficiale. Al centro di addestramento di Kabul c’è la compagnia Malalai, in onore ad un’eroina afghana che usò il suo velo come bandiera in una delle più famose battaglie contro i britannici nel 1880.

Negli ultimi due anni 50 cadette hanno superato l’addestramento militare, oltre ai corsi di inglese, computer, risorse umane e finanza. Le volontarie sono tutte ragazze fra i 19 e i 25 anni. Molte vengono minacciate di morte dai fidanzati, che non sopportano di vederle in divisa.

Il maggiore Fahima Misbah, responsabile del reclutamento, ammette: «Le famiglie afghane non permettono alla figlie di entrare nell’esercito per problemi di cultura e perché temono per la loro sicurezza». I talebani considerano un obiettivo privilegiato le donne in divisa. «Quando lascio il mio numero di telefonino nei giri di reclutamento - spiega il maggiore - mi chiamano gli uomini insultandomi».

www.faustobiloslavo.eu

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