«Quelli che il calcio» trasmetteva sms per i boss

Reggio Calabria«Alcuni boss in regime del carcere duro per intenderci quelli detenuti con l’art. 41 bis si scambiavano, usando la trasmissione “Quelli che il calcio“, messaggi con i familiari all’esterno». Lo ha rivelato l’ex vice procuratore nazionale Antimafia Vincenzo Macrì durante la sua audizione nei davanti alla commissione parlamentare Antimafia. Nella trasmissione “Quelli che il calcio“ in onda la domenica pomeriggio, mentre scorrono le immagini e i risultati delle partite, nel sottoschermo passa un serpentone fatto di messaggi e dediche a cui tutti possono partecipare. La notizia arriva in piena estate e viene svelata dalle dichiarazioni del Procuratore generale di Ancona. Il Procuratore ha parlato ai parlamentari dell’antimafia, di come i boss detenuti con il regime duro avessero trovato il modo di comunicare con l’esterno. Per mandare i messaggi fuori dal carcere, basta affidarsi a un agente della polizia penitenziaria oppure ad un medico o ancora a un cappellano di quelli che non lavorano solo per lo stato ma che sono al soldo anche delle ndrine. Ma le risposte all’interno devono essere immediate, così ecco che è stato trovato il sistema usando la tv di stato con uno dei programmi più visti della domenica pomeriggio. E così può capitare che una frase tipo «Tutto ok, Paolo» (citata dallo stesso Macrì) sia in realtà un messaggio in codice indirizzato a un boss in cella. Del resto dice Macri: «È difficile garantire l’isolamento assoluto e l’impenetrabilizzazione tra i carcerati e il mondo esterno, ci sono i contatti con i legali, con i familiari, e molte volte è difficile anche intercettare dei segnali convenzionali che gli stessi si scambiano durante i colloqui, anche perché non tutti i colloqui possono essere intercettati e videofilmati». Ma questa non è la prima volta che vengono a galla notizie come questa. Si tratta di messaggi dal contenuto spesso banale che, in realtà, nascondono importanti «comunicazioni di servizio» ai boss». «Stasera alla Radio mandami quella ‘mbasciata. Se positiva manda questa canzone se negativa manda quest’altra”. Il boss Salvatore Pesce dell’omonimo casato, stava impazzendo: aveva bisogno di sapere. Di conoscere. Di essere costantemente informato di quello che avveniva nel suo regno, mentre lui era rinchiuso nel carcere di Palmi. Fare trasmettere per radio alcune canzoni era quanto aveva scoperto la Direzione distrettuale antimafia di Reggina nello scorso mese di aprile, che ha conclusione di un inchiesta sequestro la radio e mando in carcere un gruppo di affiliati e sodali della ndrina di Rosarno. La Rai si giustifica, anche se lo stesso ex vice di Piero Grasso aveva già detto che la Rai non poteva sapere nulla. «Non è la Rai ma la società NeoNetwork a gestire il controllo degli sms mandati in onda nel corso della trasmissione. E questa «opera il controllo attraverso un software che elimina tutte le espressioni volgari e attraverso un operatore che sceglie o in base al contesto del programma oppure su indicazione degli autori gli sms da mandare in onda. Si precisa inoltre – fa sapere l’azienda pubblica - che nell'arco della stagione arrivano oltre 200mila messaggi di cui solo lo 0,0010 per cento viene utilizzato. Questi ultimi, poi, vengono storicizzati e conservati per un periodo di sei mesi».

Mentre il ministro della Giustizia, Angelino Alfano replica «La segnalazione riguarda un episodio del dicembre 2009, relativo ad un singolo detenuto, al quale un familiare, nella corrispondenza sottoposta a censura, preannunciava la possibilità di inviare un messaggio durante la trasmissione. Da qui l’allertamento del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e la comunicazione agli organi giudiziari per gli accertamenti».

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