Questa Pasqua ripropone con forza il mistero di Dio

La Pasqua ripropone con forza e tenerezza l’avvenimento decisivo per la vita di ogni uomo, Cristo morto e risorto, il mistero di Dio che si annichilisce fino a soccombere al male per poi vincerlo fisicamente per sempre. Questo è il cristianesimo, non un’idea che risolva la questione secolare del rapporto tra bene e male, tanto meno un’indicazione su come limitare l’imponenza del dolore e della morte dentro l’esistenza ma in Dio che si fa uomo condividendone la condizione fino al limite del nulla e che risorgendo dimostra il suo essere divino, perché rivive non in un’altra dimensione, ma in quella della carne lacerata.
A Pasqua emerge in tutta la sua chiarezza che il fatto cristiano è un Uomo, non una concezione della vita, e che la felicità non è uno stato, è seguire la direzione dello sguardo del risorto.

Anche quest’anno davanti al Cristo risorto ogni uomo è chiamato a decidere, se andare ogni giorno a ricercarlo, come hanno fatto Giovanni e Andrea, oppure se prenderne le distanze, come suggerisce il nichilismo dominante nella sua versione relativista.

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