Cronaca locale

Raffica di «no», l’Ulivo non trova il capolista

E anche l’ex prefetto non riesce a sciogliere il nodo della sua lista nelle nove zone

Gianandrea Zagato

L’elenchino dei potenziali capilista del listone si assottiglia. Ds e Margherita incassano sempre e solo dei «no, grazie». All’appello mancano le risposte dell’economista Salvatore Bragantini, del giurista Gregorio Gitti e del sociologo Alberto Martinelli che, aggiungono dalle segreterie cittadine, non si farebbe pregare due volte. Candidatura di riserva, quest’ultima, per evitare che a guidare il listone prodiano sia il duo Nando Dalla Chiesa e Pierfrancesco Maiorino seguiti da quella Marilena Adamo esclusa per volontà del Botteghino dalla corsa alle politiche.
E anche per questo, Dalla Chiesa, tira per la giacchetta Enrico Letta che, in verità, non sembra affatto desideroso di scendere in campo per le comunali milanesi. Appuntamento elettorale che, secondo Dario Fo, potrebbe però riservare una brutta sorpresa al centrosinistra: «Se non si trova un passo diverso, c’è pericolo» avverte il sommo giullare. «Non c’è slancio nella volontà di combattere» ovvero «non siamo riusciti a creare una unità serrata», risultato? «bisogna impostare una campagna della sinistra “in toto”, che abbia slancio e che si preoccupi di arrivare in profondità nelle battaglie da condurre per la trasformazione della città». Richiamo che, dicono, abbia stupito non poco l’ex inquilino della Prefettura: infatti, giorno dopo giorno, Ferrante sta lentamente scivolando sempre più a sinistra. Condizione che, secondo Carlo Tognoli, non è certo un viatico per la vittoria: «La scelta dell’ex prefetto sarà efficace solo a condizione che siano le componenti più estreme del suo schieramento ad avvicinarsi a lui e non lui a loro» aveva sostenuto l’ex sindaco di Milano.
Consiglio che, in verità, l’aspirante primo cittadino del centrosinistra non può permettersi di seguire perché ha già un debito da onorare con Rifondazione comunista: se Ferrante può permettersi di suonare la carica è grazie esclusivamente a Rifondazione, che gli ha permesso di mettere in piedi una lista sia in Comune che nelle nove zone del capoluogo. Concessione di troppo pur sapendo che, così articolata, si è sancita la nascita non della lista civica Ferrante bensì quella del partito Ferrante. E, in cambio, naturalmente, l’ex prefetto paga pegno garantendo assessorati di peso - cultura, partecipate e scuola - in caso di vittoria. Altrimenti? Be’, ci sarebbe stato un replay dell’aggressione verbale continua che già aveva massacrato un galantuomo come Umberto Veronesi.
E mentre Rifondazione candida, tra gli altri, Bruno Perini del Manifesto - collaboratore anche di Angelo Maria Perrino, portavoce di Ferrante - e Pino Nicotri dell’Espresso, Ferrante rimanda la presentazione delle liste per i consigli di zona. Anche lì, come per la lista al Comune, c’è un problemino. Anzi, ci sono nove problemini: i capilista, che ancora non sono stati decisi.

Ma questo è ormai un must per Ferrante e i suoi supporter.

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