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La Rai ha già 1600 giornalisti ma ne assume ancora: bando-farsa

Viale Mazzini si prepara all’ennesima infornata di reporter. E pone anche condizioni assurde: porte aperte solo ad under 36 non abitanti nel Lazio

La Rai ha già 1600 giornalisti 
ma ne assume ancora: bando-farsa

No, 11.387 dipendenti non posson bastare. Un po’ li voglion perché sono precari. Un po’ li voglion perché ancor non san cosa vuol dir fare il redattore. Matta. Mamma Rai è proprio matta perché ha di nuovo carenza di affetto ed è pronta ad adottare figli e figliastri a tappeto, con un bando di selezione di personale giornalistico. Nonostante la crisi, i conti che si sono travestiti da contesse e lo spettro di esuberi, ricollocazione e mobilità interna.
Se ne mormorava da mesi, dall’accordo con Usigrai, e finalmente ecco comparire il bando-salvagente, in grado di convertire in contratti a termine i sussidi di disoccupazione dei precari iscritti all’Albo dei giornalisti professionisti. Precari che non hanno né colpa né peccato e meritano di avere delle chance in un mondo - quello dell’informazione - che vive un periodo di vacche anoressiche. Il nodo, semmai, è che il carrozzone di viale Mazzini è sì un ente pubblico, ma non un ente assistenziale. In soldoni, con i bilanci in rosso e il foltissimo parco-dipendenti che si ritrova, siamo sicuri che la Rai possa permettersi di dispensare contratti a cuor leggero?
È di soli tre anni fa l’approvazione di un piano aziendale che spergiurava di «razionalizzare il personale». Ma la sensazione è che la Rai di oggi somigli all’Iri, alle poste e alla scuola pubblica di ieri: una costosa valvola di sfogo del malcontento sociale e della disoccupazione del ceto medio. Troppi giornalisti a spasso? Forza, venite da mammà. Il problema è che con oltre undicimila dipendenti, 1.600 dei quali giornalisti, forse l’organico della Radio Televisione di Stato è saturo. E forse dati come quelli del bilancio 2009, con un passivo di 62 milioni di euro e un crollo delle entrate pubblicitarie di 199 milioni (quasi il 17%), suggerirebbero meno munificenza. Anche se poi, a ben vedere, di fronte ai cachet delle star i contratti a tempo determinato per i redattori da dislocare nelle sedi regionali lasciano il tempo che trovano. Un tempo di burrasca, comunque.
Al di là della contestabile campagna acquisti (aperta anche - e questo è un ritorno al passato - ai parenti dei dipendenti attuali), rimane poi sul tavolo un’altra questione. Ossia la sciatteria del bando, vero specchio del Paese. Innanzitutto per quanto riguarda l’età, poiché tra i requisiti per l’ammissione alle prove selettive c’è la «data di nascita non anteriore al 01/07/1974». Ohibò, il cronista è come lo yogurt, ha la data di scadenza. Certo, nessuno come i giornalisti sa essere acido, ma esiste un senso nel porre questo paletto o questo limite un senso non ce l’ha? In altre parole: un precario di 37 anni perché dovrebbe essere tagliato fuori? Tanto valeva imporre canoni come la taglia di reggiseno superiore alla terza o un peso non superiore agli 80 kg. Non è un’azienda per vecchi, questa Rai. Che poi in video ricompaiano puntualmente protagonisti del mesozoico allergici alla pensione, è un dettaglio. In questo giro di assunzioni le rughe e le stempiature non sono ben accette neppure se sei nato il 30 giugno del ’74.
Ma a far discutere è soprattutto un’altra discriminante, che in queste ore fa temere un caos di ricorsi al Tar: ovvero il «razzismo» anti-laziale. Già, perché alla selezione può accedere chi risiede in 18 Regioni e nelle due Province autonome di Trento e Bolzano. Esistono però poco meno di sei milioni di figli della serva esclusi: i residenti del Lazio. Il motivo è la «non recettività» della sede laziale e il fatto che chiunque venga assunto possa poi in futuro chiedere il trasferimento nella sede di residenza. Il problema è che in questo modo un laziale non può entrare in Rai nemmeno se è disposto a finire al tg regionale del Friuli. C’è già chi parla di cavillo anticostituzionale e di discriminazione territoriale, poiché sarebbe bastato dichiarare impossibile l’assunzione nella sede regionale, permettendo però ai laziali di presentarsi per altre sedi.


D’altronde Mamma Rai è fatta così: tanto buona e tanto generosa, ma proprio non riesce a non combinare casini appena si muove.

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