Politica

Rai, su Petruccioli presidente il «fuoco amico» dell’Unione

Il Professore teme un asse tra Quercia e Margherita. Oggi tre vertici di centrosinistra

Roberto Scafuri

da Roma

Oggi è il giorno di Claudio Petruccioli e Alfredo Meocci. Ma rischia anche di essere il «giorno della civetta». Venticello avvelenato e malsano spira tra il Palazzo e la periferica Saxa Rubra. Giochi di sponda e giochi di specchi, sgambetti e tradimenti potrebbero ancora una volta rallentare o far saltare la votazione per il presidente della Rai e, a cascata, la nomina del direttore generale. L’accelerazione impressa ieri a una vicenda che si trascina da mesi potrebbe infrangersi davanti a un muro compatto dell’Unione, che dopo una giornata convulsa ha deciso di riunirsi in ben tre vertici: alle 12 quello dei Ds, alle 13 la Margherita, alle 14 quello dei consiglieri di Vigilanza con i presidenti dei gruppi.
Ancora una volta, infatti, il centrosinistra appare «in ordine sparso», come denuncia il senatore Antonello Falomi (Il Cantiere). Secondo Falomi, «andare alla votazione in Vigilanza senza un’intesa preventiva significherebbe avallare uno scambio gattopardesco...». Chiaro che la battaglia e la baruffa stavolta si svolgano tutte nel campo unionista. Nel quale la Cdl ha calato sapientemente l’«asso» Petruccioli, ovvero il presidente della Vigilanza, nonché giornalista e politico di lungo corso, diessino di area liberal apprezzato per sagacia e doti di equilibrio. Come fare a dirgli di no? L’imbarazzo che ha paralizzato i Ds ha consentito alla Margherita di inserirsi nei giochi, nonostante l’ultimo vertice di un mesetto fa avesse stabilito che per l’intera Unione avrebbe trattato Prodi.
Dopo la clamorosa rottura tra Rutelli e Prodi l’aria è cambiata e i sospetti si sono moltiplicati. A tal punto che ieri, accortosi di non riuscire nel suo intento, il leader unionista ha fatto saltare il prudente tavolo messo in piedi con Gianni Letta. «La Cdl intende procedere unilateralmente alla nomina del dg della Rai», ha tuonato il Professore, «profondamente rammaricato che su un tema decisivo per la democrazia italiana non sia stato ancora una volta possibile un confronto positivo».
Le accuse alla maggioranza fanno capire che stavolta le vere difficoltà sono interne all’Unione, dove Ds e Margherita avrebbero deciso di accogliere l’accoppiata proposta (Petruccioli-Meocci), facendo infuriare Prodi. A quel punto, il ministero dell’Economia ha fatto sapere di esser pronto a indicare Petruccioli come presidente in pectore e Angelo Maria Petroni come nono consigliere. Fino a tarda sera, però, la comunicazione da via XX settembre non era ancora arrivata alla Vigilanza. Segno degli intoppi che si sono creati dopo la convocazione della riunione per concedere il gradimento a Petruccioli. Con i Verdi, Falomi e parte dei Ds pronti a proporre di disertare il voto in Vigilanza, se l’Unione non avrebbe trovato una posizione comune. E fatto uscire allo scoperto i giochi più occulti.
La situazione si è sbloccata in serata, quando era lo stesso rutelliano Gentiloni ad annunciare il vertice del pomeriggio e a garantire l’intento di trovare una «posizione comune». Accettare subito Petruccioli o insistere sul «metodo bipartisan» chiesto da Prodi, come sottolinea il verde Boco? La posizione prodiana è sostenuta anche dai ds Giovanna Melandri e Beppe Giulietti, per i quali «si è persa l’occasione di nominare vertici condivisi, nonostante le nostre aperture». Opposta l’analisi della maggioranza, che per ora sta a guardare. Michele Bonatesta (An) ironizza su Prodi, «cui non basta il presidente, pretendeva pure il dg...».

Giorgio Lainati (Fi) invece definisce «stupefacente la presa di posizione di Prodi, che dimentica l’autonomia del Cda e mira solo a ristabilire l’antica egemonia in Rai».

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