Benny Casadei Lucchi
nostro inviato al Nürburgring
Kimi Raikkonen detto «IceMan», l’uomo di ghiaccio, si scioglie davanti a un bicchier d’acqua. La vuole di quel tipo e non dell’altro, anche se il sapore è identico, anche se le bollicine son le stesse, e cambia solo il colore dell’etichetta: viola. Sarà scaramanzia al contrario. Insiste lui mentre le ragazze della McLaren si fanno in quattro per accontentarlo e un po’ annegano e un po’ congelano dentro i suoi occhi azzurro ghiaccio. Per il team manager McLaren, Ron Dennis, questo finlandese di venticinque anni è il nuovo Ayrton Senna; per monsieur Jean Todt potrebbe essere il nuovo Schumacher alla Ferrari; per Flavio Briatore, in vetta al mondiale con il fido Alonso, è certamente l’unico in grado di rovinargli la festa grande di fine campionato.
Alonso dista 22 punti, ma in due corse lei ne ha recuperati 7, e tutti dominando. Teme lo spauracchio dei troppi piazzamenti come accaduto nel 2003, quando perse il titolo contro Schumi?
«Due anni fa andò a finire così, ma stiamo facendo un confronto tra stagioni francamente inconfrontabili. Nel 2003 la mia McLaren-Mercedes non era certo quella di oggi e tanto meno era la più veloce delle monoposto. Ora lo è: all’epoca la mia fu una scelta obbligata in quanto non mi trovavo in condizione di poter lottare stabilmente per la vittoria».
Ha appena vinto due gare di seguito: se la sente di dire che la Formula uno è giunta al momento chiave della stagione?
«Sì, penso di sì, perché la mia McLaren va sempre meglio ed è davvero veloce. Tra l’altro, ha dimostrato di essere competitiva su circuiti completamente diversi: come Imola, Barcellona e Montecarlo. Già, Imola: anche lì eravamo i più rapidi, purtroppo abbiamo avuto quel guasto meccanico. Per cui, sì, sono fiducioso, basta che l’auto continui ad essere affidabile come nelle ultime corse».
Fiducioso significa che ritiene di poter andare a prendere il fuggitivo spagnolo?
«Diciamo che proverò a vincere più gare possibili. Però voglio restare con i piedi per terra: ci sono ancora così tanti gran premi da disputare (compreso questo in Germania sono tredici, ndr) e così tanti punti da conquistare o rischiare di perdere che perfino la Ferrari, se dovesse riuscire a risolvere i problemi che ha, potrebbe tornare in lotta per il titolo».
A proposito di Ferrari, Todt la ritiene il miglior pilota del futuro..., anche in chiave di un possibile dopo-Schumacher.
«Devo essere onesto: io non so che cosa potrà accadere prossimamente, ma di certo so che sono felice dove sto, che al momento non vedo proprio alcuna ragione per guardare fuori da qui. Tuttavia, tutto può accadere nel futuro...».
E allora andiamo un poco nel passato: dopo la vittoria di Montecarlo, il suo team boss, Ron Dennis, ha detto che vederla guidare e gestire la corsa in quel modo gli ha ricordato Ayrton Senna.
«So che ha detto così e naturalmente sono belle parole; però alla fine, per me, cambia poco».
Si spieghi. In fondo il capo della McLaren che ha conosciuto i Lauda, i Prost, i Senna l’ha appena paragonata al più grande, mica a un pincopalla qualsiasi...
«Mi spiego: il paragone regge fino a un certo punto perché rispetto all’epoca in cui correva Ayrton, molte cose sono cambiate. Ora ci sono auto e gomme diverse che richiedono un altro tipo di guida; insomma, tutto è cambiato».
Sì, però il giudice è lo stesso: Ron Dennis.
«Sì, ed è proprio per questo che, comunque, mi fa piacere».
Oggi scattano le nuove qualifiche, a giro singolo col pieno per la gara. Le piacciono? Cambierà qualcosa? La Ferrari ci spera...
«In pratica sono le stesse della passata stagione, però non penso che vedremo grandi differenze fra team e team rispetto al sistema attuato fino allo scorso Gran premio».
Lei è l’unico tra i piloti di top team che non ha mai posto condizioni sul proprio compagno: prima o seconda guida, meglio questo, non meglio l’altro. E si è ritrovato un mastino come Montoya.
«Per la verità non potevo fare altrimenti in quanto è una decisione di Ron Dennis, della squadra, spetta a loro. Volevano due piloti forti, capaci di andare a caccia del maggior numero possibile di punti».
Ma altri suoi colleghi non avrebbero gradito.
«Degli altri non so, di me dico che la presenza di Juan Pablo non ha cambiato nulla per me dentro il team».
Neppure un po’ di motivazione in più, un pungolo in più?
«Neppure. Le motivazioni che mi dà Juan Pablo sono le stesse che mi dava Coulthard negli anni passati».
Non c’è che dire: «IceMan» ha paragonato il feroce colombiano a nonno David. Anche Montoya è servito.
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