Raina e i suoi tappeti, passaporto per la libertà

Herat Ha gli occhi neri, la bocca piccola e le mani veloci, Raina, 27 anni dei quali quattro trascorsi nel carcere di Herat. Deve scontare una pena di dieci anni per aver tentato di uccidere, con la complicità della sorella, il marito che abusava di entrambe. Il velo color amaranto le copre il capo mentre lavora al telaio con un'altra compagna.
Seduta a terra con le gambe incrociate e i piedi nudi, in silenzio, senza un movimento stonato che possa interrompere il viavai dei fili da imbastire.
Solo quando gli uomini si allontanano dal laboratorio, prende coraggio e si volta, incuriosita da questa visita inaspettata. «Chi siete?», chiede in un inglese stentato e non si tira indietro quando scopre che la sua storia finirà su un giornale. Sorride quando le diciamo che siamo italiani e, mettendosi una mano sul cuore, ci fa un inchino.
«Devo scontare dieci anni - spiega parlando sottovoce, senza mai interrompere il lavoro -, ma non sono pentita per quello che ho fatto. Mio marito ci trattava come delle bestie, non voglio più vederlo. Qui sto bene e forse potrò uscire prima del previsto».
Lavorare paga nel carcere di Herat, come un indulto che arriva in base alle tue capacità, come spiega Raina: «Dopo quattro anni passati a fare tappeti, sono diventata una "teacher". Questa qualifica mi serve per uscire prima da qui dentro e forse tra un anno sarò libera».
Diventare la responsabile di un laboratorio è una posizione ambita, che anche dentro il carcere permette piccoli privilegi, come una mezz'ora di aria in più o maggior tempo da trascorrere con in figli. «Ho avuto fortuna - spiega la donna dal volto di bambina -, la mia teacher è stata trasferita e io ho preso il suo posto. Sono brava, chiedilo al direttore, i nostri tappeti sono i migliori».
La speranza di rifarsi una vita rende i suoi occhi ancora più luminosi e le mani ancora più veloci, come se i movimenti rapidi imprimessero un'accelerazione anche al tempo che dentro queste quattro mura sembra non passare mai. «Ho voglia di uscire - prosegue -, di camminare per strada, di incontrare nuovi amici. La prima cosa che farò è cercare mia sorella, da quel giorno non l'ho più rivista, non so che fine abbia fatto. Poi voglio aprire un negozio di tappeti sulla strada principale di Herat».


Quando le guardie tornano indietro per vedere che sta succedendo, Raina si ammutolisce, davanti agli uomini non è conveniente parlare. China il capo e si volta a guardare la sua tela: quei fili che crescono sono il suo biglietto per la libertà.

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