Randagismo, Roma è la capitale del disagio

Randagismo, Roma è la capitale del disagio

Valeria Arnaldi

Il fine settimana è il vero nemico di cani e gatti randagi che vivono nelle strade romane. Sabato, domenica e nei giorni festivi, infatti, chi vuole segnalare la presenza di animali abbandonati, feriti, investiti o seviziati trova solo uffici chiusi e segreterie telefoniche. Non un operatore risponde alle linee dell’Ufficio capitolino per i Diritti degli Animali. Tantomeno nei diversi canili della città. Silenzio anche al canile della Muratella, sede del pronto intervento sanitario, che, a detta del Comune, dovrebbe essere attivo 24 ore su 24.
A denunciare le carenze dei servizi capitolini sono i volontari di Animalisti Italiani. «Un nostro operatore - racconta Federica Cuccagna -, nel fine settimana, ha trovato un cane ferito. Ha dovuto aspettare per 8 ore l’arrivo dei soccorsi. Nel frattempo il cane è morto». E ancora: «Siamo tartassati di telefonate di cittadini testimoni di maltrattamenti ad animali. La maggior parte delle denunce cade nel vuoto. Inutile segnalare, come richiesto da Monica Cirinnà, delegata del Sindaco per i diritti degli animali, casi di persone che chiedono l’elemosina in compagnia di cuccioli narcotizzati. I vigili urbani, deputati a questo tipo di interventi, dicono di non avere tempo e risorse per occuparsene».
Chi trova un animale abbandonato, nel fine settimana, si rivolge alle numerose associazioni animaliste o, molto spesso, porta l’animale in casa propria. Quello che viene immaginato come un «affidamento temporaneo», in attesa della riapertura dei centri di accoglienza, spesso si traduce in una vera adozione. «I canili romani sono pieni - spiega Ilaria Ferri, di Animalisti Italiani -. Raramente accolgono cucciolate, che sono le più frequenti vittime di abbandoni. Il pronto intervento 24 ore su 24 è solo una trovata pubblicitaria. Inoltre a Roma c'è un solo veicolo per il soccorso di animali feriti, con il quale viene effettuata anche la raccolta di animali morti». Difficile pensare che un solo mezzo sia sufficiente per l’intera città. «La scorsa estate, in agosto - ricorda Ferri -, un cane morto è stato abbandonato vicino a un cassonetto. Ne abbiamo segnalato la presenza. Sono passati 5 giorni prima che qualcuno venisse a prenderlo. Se un animale muore in casa, ci sono poche cose da fare: seppellirlo in giardino, cosa peraltro vietata, o pagare un servizio privato, per la modica cifra di 200 euro. Anche la morte è un lusso che non tutti si possono permettere».
Sono decine le chiamate che ogni giorno arrivano alle associazioni animaliste. Si tratta per lo più di segnalazioni di maltrattamenti e abbandoni, e di lamentele per l’inadempienza delle istituzioni. «Le persone ci chiamano con il cellulare, mentre sono davanti ai cancelli dei canili - aggiunge Federica Cuccagna -. Nessuno vuole accogliere l’animale che hanno trovato e ci chiedono cosa devono fare. Stiamo diventando una sorta di centro di smistamento animali». Ancora maggiori le difficoltà per chi si imbatte nei cosiddetti randagi di seconda generazione, scoiattoli, conigli, furetti, tartarughe e via dicendo.

«Questi animali dovrebbero essere ospitati al Bioparco - commenta Ilaria Ferri -, ma le volte in cui i cancelli della struttura si aprono ad accoglierli si contano sulle punte delle dita. Quando la gente si rivolge a noi, per trovare una casa a iguane e simili, dobbiamo contattare centri sanitari nelle altre città d'Italia. Una vergogna per la capitale».

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