Prima il rapporto Krusciov ci gettò nell’amarezza

Non ho note particolareggiate, giornaliere, su un periodo incredibile nel quale ci siamo entusiasmati, poi interrogati, divisi, passati dalla gioia per nuove conquiste di libertà all’amarezza. Non abbiamo da Torino un diretto contatto con il corrispondente da Mosca. Inutilmente Calvino, Boringhieri, Bollati, Cominotti, Garavini, Pugno, Pacifico, Giulio Poli si affollano al giornale l’Unità, ndr): ciò che so è quello che ci viene ritrasmesso da Roma. Un fatto è tuttavia certo. Fino alle rivelazioni della stampa estera sul contenuto del rapporto di Krusciov e alla successiva pubblicazione del testo del rapporto (il che avverrà solo a maggio, ndr) ciò che dominò in noi fu il sentimento di una grande svolta positiva che poteva mutare un'intera prospettiva mondiale. E la stessa pubblicazione del rapporto non distrusse del tutto questo empito di speranza, questo diffuso ottimismo.
Febbraio 1956, XX Congresso del Pcus

Proprio alla vigilia del XX Congresso del Pcus, a conferma di una sordità romana e in particolare della direzione culturale del partito dominata da Alicata, Il Contemporaneo pubblica un incredibile attacco a Guiducci e a un suo articolo pubblicato da Nuovi Argomenti. L’attacco provoca una violenta reazione soprattutto dei gruppi intellettuali del Nord stanchi del «romanismo» e della direzione faziosa di Alicata. La reazione è tale che Il Contemporaneo si scusa e apre un dibattito al quale partecipiamo in molti. Da Torino decidiamo di intervenire Calvino e io non senza interpellare altri compagni. I nostri due articoli sono pubblicati insieme il 31 marzo. L’obiettivo degli articoli è comune: attaccare la «sufficienza paesana» e denunciare come dietro la campagna contro il cosmopolitismo si celi una incomprensione profonda per la rivoluzione tecnologica avvenuta e per ciò che essa comporta. Per Calvino non si tratta di una novità: sullo stesso tema della chiusura romana alle novità anche tecnologiche che si manifestano nel mondo industriale Italo aveva già dato battaglia a Roma nella riunione della Commissione culturale nazionale del novembre 1954.

La discussione su questi problemi si intreccia con il dibattito che esplode a marzo sul XX Congresso e coinvolge anche intellettuali lontani da noi, ma il fatto che esso iniziò prima del XX Congresso del Pcus (così come prima si manifestarono posizioni critiche a Milano, sia nel gruppo di intellettuali raccolto attorno alle iniziative di Giangiacomo Feltrinelli, sia nel gruppo che faceva capo alla libreria Einaudi di Aldrovandi e tra pittori e scrittori sia milanesi che bolognesi) che dimostra il maturare di una autonoma ribellione contro certe «direttive» che facevano in particolare capo alla Commissione culturale e contro una pretesa egemonia dell’asse culturale Roma-Napoli.
18 febbraio 1956, Lettere a Roma (Calvino)

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