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Le 52 modelle che l'altro giorno hanno sfilato per Marc Jacobs nella Hammerstein Ballroom di New York si son dovute presentare alle cinque del mattino perché il parrucchiere, Guido Palau, riuscisse a pettinarle in tempo. Pare sia stata un'impresa titanica che ha previsto la confezione prima e il fissaggio poi d'innumerevoli trecce da rasta (nome in codice «dreadlocks») in lana tinta al momento nei diversi colori scelti dallo stilista in persona. Come se questo non bastasse le ragazze dovevano issarsi su altissimi stivali zeppati con almeno 15 centimetri di tacco per poi camminare in tondo sotto una cascata di lampadine accese al ritmo sostenuto di Born Slippy, il brano composto dagli Underworld nel 1993 che fa da colonna sonora al finale di Trainspotting, film-capolavoro sulla cultura underground inglese. L
a musica e i dreadlocks trasmettono subito un'immagine da rave party in salsa punk, ma gli assurdi stivaloni fanno subito pensare a David Bowie nei panni del suo alter ego alieno, Ziggy Stardust. Inevitabile a questo punto prendere in considerazione anche il glam rock, una delle tante rivoluzioni estetiche del cosiddetto Duca Bianco. Nel frattempo in passerella compaiono minigonne con parigine fantasia, marsine in denim o in tessuto camouflage, uno strepitoso soprabito a intarsi di cuoio colorati, un pullover a righe gialle e rosse che piacerebbe un sacco al cartone animato dell'ape Maja, un giaccone in peluche leopardato ma con ricamo a forma di gattino, splendide borse e zainetti con sopra ogni ben di Dio e tante per non dire tantissime vestine in pizzo effetto lingerie. È tutto molto bello, divertente oltre ogni dire, spettacolare come non mai e incredibilmente costoso. Resta da capire cosa e dove porta questa moda da cui è assente ingiustificato il nuovo. Per altro Marc Jacobs è tra i migliori stilisti al mondo, uno dei pochi che potrebbe sostituire degnamente Karl Lagerfeld da Chanel quando il cosiddetto Kaiser dello stile deciderà di posare lo scettro. Un altro papabile per questa prestigiosa poltrona è Hedi Slimane che ha fatto miracoli di vendita da Yves Saint Laurent per poi mollare a sorpresa tutto nelle mani del giovane Antony Vaccarello. Da ieri il circo Barnum delle sfilate si è spostato a Londra dove Theresa May ha inaugurato la prima fashion week post Brexit. Poi sarà la volta di Milano ridotta a cinque giornate scarse per la storica incapacità di far sistema che contraddistingue i nostri stilisti e imprenditori mentre a Parigi come del resto a New York riescono sempre a mettersi d'accordo per un bene comune. Stavolta, per lo meno, nel calendario americano non c'erano sfilate di marchi italiani, ma molti brand statunitensi tra cui Tommy Hilfiger, Ralph Lauren e Michael Kors hanno scelto il made in Italy ovvero la nostra eccellenza produttiva. «È una cosa che tutto il mondo ci invidia: solo da noi si riescono a fare queste cose» spiega Carlo Rivetti, presidente di Stone Island, storico marchio di active wear maschile che ha appena aperto una nuova, mastodontica boutique al 41 di Green Street. Per la cronaca l'imprenditore sta toccando e mostrando un sensazionale piumino in pelle candida leggerissimo e al tempo stesso caldissimo. Nei primi giorni della fashion week nonostante le temperature africane e l'umidità degno di Kuala Lumpur, Stone Island ha esaurito svariati articoli tra cui le felpe tecniche in un punto di rosa molto speciale. Ancor più sensazionale il caso di Mr &Mrs Italy, brand nato nel 2007 con l'idea luminosa di rieditare storici capi militari da uomo tipo bomber, parka e trench con coloratissimi inserti di pelliccia.
Nel negozio monomarca aperto due giorni fa in Madison Avenue abbiamo visto con i nostri occhi vendere un capo da 7000 dollari e ordinarne uno su misura con interno di zibellino tinta pesca. Non per niente la pop star Princess Pia Mia che da mesi indossa sempre capi di Mr&Mrs Furs ha recentemente i 4,2 milioni di followers in Internet.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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