Le reazioni Il Guardasigilli e il sindacato

RomaLa bomba sulla responsabilità civile dei magistrati è davvero devastante se mette governo contro parlamento e ricompatta tutte le correnti dell’Anm.
Succede questo quando la Camera approva, con il no dell’esecutivo, l’emendamento leghista alla legge comunitaria che impone di adeguarci all’Europa rendendo efficace la legge del 1988, di fatto esautorata in tutti questi anni. Succede che il ministro della Giustizia, Paola Severino, lanci con molto garbo un diktat al parlamento perché corregga al Senato l’errore fatto a Montecitorio: «Confido che in seconda lettura si possa discutere di come migliorarlo, perché interventi spot su questa materia possono rendere poco armonioso il quadro generale». Succede che il «sindacato» delle toghe minacci lo sciopero contro l’ «ennesimo tentativo di vendetta contro la magistratura», come dice il presidente Luca Palamara (nella foto), contro il «tentativo di intimidazione» aggiunge il segretario Luca Cascini. E che le correnti superino ogni divisione e da quelle di sinistra come Magistratura democratica a quella più moderata come Magistratura Indipendente invochino il pugno di ferro in difesa della loro autonomia e indipendenza.
Guardasigilli e toghe, che pochi giorni fa celebravano all’inaugurazione dell’anno giudiziario il «clima nuovo» del dopo Berlusconi all’insegna del dialogo tra politica e magistratura, sembrano tornati sulle barricate. Ma dalla stessa parte e non si sa bene contro chi, visto che a Montecitorio ha vinto un fronte che non comprende solo il ritrovato asse Lega-Pdl, ma almeno in parte è trasversale ai partiti che sostengono il governo Monti. La Severino precisa che invece dell’emendamento «sarebbe stato preferibile un provvedimento complessivo» e quindi il governo giudica «più corretto trattare in una sede più organica un aspetto così delicato». Il ministro recita la formula di rito, «il parlamento è sovrano», ma in sostanza dice il contrario: il governo vuole che faccia marcia indietro.
Si tratta della condanna della Corte di Giustizia europea all’Italia, per non essersi adeguata al diritto Ue sulla responsabilità civile dei magistrati, limitandola ai casi di dolo o colpa grave. Una sentenza del 2006, a lungo ignorata, i cui principi sono stati riaffermati a fine novembre in un altro verdetto.
Per l’Anm quella votata alla Camera è «una norma incostituzionale», una «mostruosità giuridica». Preventivamente, il 28 giugno, il Csm ha bocciato in un parere l’emendamento Pini. Ma le cose sono andate diversamente e ora scendono in campo le star delle toghe. «L’assalto alla giustizia iniziato nel ’94 non è finito», annuncia il procuratore capo di Torino Gian Carlo Caselli, riesumando i toni dell’antiberlusconismo. «Subito un vertice dell’Anm», chiede il segretario di Unicost Marcello Matera.

«Non possiamo aspettare che il Senato corregga o la Consulta dichiari illegittima la norma», dice Nello Rossi di Md. «A farne le spese saranno i cittadini», avverte il leader di Mi Cosimo Ferri. Cerca inutilmente di placare gli animi il sottosegretario alla presidenza Antonio Catricalà: «La norma sarà modificata al Senato».

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