Il rebus dei metal detector

Dopo il tentativo di dirottamento del volo Parigi-Roma, il dibattito sulla sicurezza aeroportuale torna alla ribalta. E anche se l'arma utilizzata dal kazako non era altro che un piccolissimo coltellino portachiavi, questo non fa altro che enfatizzare il problema dei limiti evidenziati dai controlli alle frontiere aeroportuali. Il tutto succede a tre giorni dall'entrata in vigore di norme meno restrittive che prevedono la possibilità di portare a bordo degli aerei liquidi, aerosol e gel sottoposti a controllo. Il 29 aprile infatti, nel bagaglio a mano dei viaggiatori provenienti da Paesi extra-Ue e in transito in uno scalo europeo verrà eliminato il limite di 100 millilitri (e quello equivalente di 100 milligrammi) per liquidi, medicinali e cosmetici. Peccato però che questo allentamento delle maglie restrittive non verrà applicato in Italia, Francia, Paesi Bassi e Regno Unito, che manterranno le norme antiterrorismo del 2006. Motivo? Le apparecchiature di controllo dei liquidi non danno ancora garanzie sufficienti. E allora c'è chi preferisce non usarle e chi invece le utilizzerà. E già questo rappresenta una divergenza che non rende merito a una politica di sicurezza omogenea. Ma per ora, vista anche la situazione nel Maghreb, alcuni Paesi preferiscono non rischiare. Un'idea per cercare di migliorare la trafila dei controlli l'ha espressa Martin Broughton, presidente della British Airways e consiste nella creazione di una corsia preferenziale per i frequent flyers, una sorta di cassa rapida del supermercato. Sottoporre un pilota e uno studente extracomunitario al primo volo allo stesso controllo, infatti secondo Broughton, impoverisce le risorse e abbassa la qualità della sicurezza. Che la situazione non sia delle migliori lo evidenzia anche lo studio annuale sui sistemi di sicurezza realizzato dagli agenti della Commissione europea secondo cui il 30% delle armi inserite nei bagagli a mano riesce a passare inosservato i controlli di sicurezza nei principali aeroporti europei. «Il punto debole del sistema di sicurezza sono gli esplosivi in polvere senza detonatore metallico e le autorità aeroportuali temono lo sviluppo di un sistema di esplosivi da ingerire. In questo caso l'unica soluzione sarebbe una radiografia di tutti i passeggeri», ha dichiarato a Le Figaro una funzionaria della polizia di frontiera. E poi c'è il capitolo dei body scanner. In Italia la sperimentazione dovrebbe iniziare a breve, ma già si sono levate critiche sui costi, sul pericolo dell'esposizione alle radiazioni e sulla reale efficacia. «Se tutti gli aeroporti europei si dotassero dei body scanner il costo sarebbe di un miliardo di euro solo per gli impianti», ha affermato il direttore generale dell'Aci (Airports council international), Olivier Jankovec.

Per l'Aci, che rappresenta 400 aeroporti in 46 Paesi europei che gestiscono il 90% del traffico, «prima dell'11 settembre 2001 le spese per la sicurezza rappresentavano l'8% dei nostri costi operativi, ora sono il 35%: non si può continuare cosi». Inoltre, c'è anche chi sostiene che i body scanner non siano in grado di rilevare polveri o liquidi esplosivi. Come dire, oltre il danno la beffa.

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