Referendum, il Cavaliere non cadrà sull'acqua

L’opposizione usa i referendum come pretesto per affondare il premier, ma anche se dovessero passare non ci saranno effetti sul governo. Per farlo naufragare serve ben altro: la maggioranza in Parlamento

Referendum, il Cavaliere  
non cadrà sull'acqua

Quello che pensiamo dei referen­dum lo abbiamo già detto e lo ripetiamo: sono un imbroglio, quindi non li votiamo. Gli altri agiscano come credono sia opportu­no. Ogni opinione, anche la più insen­sata, è legittima e ciascuno ha il diritto di esprimerla recandosi o no alle urne. Ma conferire alla consultazione un va­lore che vada oltre i quesiti scritti sulle schede è un arbitrio, un gioco sporco, uno spericolato esercizio di bassa bot­tega politica. Almeno questo sia chia­ro. Non ci vengano a dire che il risulta­to della conta sarà decisivo per la so­pravvivenza del governo. Da tre anni, da quando il centrode­stra vinse le elezioni,l’opposizione pre­para ghignando il funerale di Silvio Ber­lusconi, ma finora l’unica salma che si sia vista in giro è quella della sinistra.

Anche nelle amministrative recenti hanno trionfato personaggi naïf come De Magistris (Napoli) e Pisapia (Mila­no) che con gli apparati di partito non c’entrano nulla, leader improvvisati che hanno ottenuto consensi per dispe­razione diffusa nei due schieramenti. Il dato emergente nella presente con­giuntura è la stanchezza del popolo. Stanchezza mista a noia e disillusione. Un sentimento che, avanti di questo passo, potrebbe trasformarsi in ribel­lione al sistema, giudicato incapace di produrre effetti positivi. In altri termi­ni, i cittadini, storditi da polemiche che si protraggono da lustri, e avviliti dalla paralisi che affligge ogni iniziati­va in favore del Paese, ce l’hanno con tutti, di destra o di sinistra, indifferente­mente, e non con qualcuno in partico­lare.

Ecco perché chiunque dia l’im­pressione di voler rompere con gli sche­mi logori della politica politicante vie­ne ascoltato con attenzione. Perfino Grillo con le sue boutade tragicomiche e liquidatorie accende i cuori. Meglio lui del niente che passa il convento dei partiti tradizionali. Nel marasma generale, è velleita­rio cercare salvezza aggrappando­si a dei referendum confusi quan­to inutili. L’energia nucleare è sta­ta accantonata, e votare per cancel­lare una cosa che non c’è è grotte­sco. L’acqua non è mai stata priva­tizzata, e le tubazioni, se sono gua­ste, vanno comunque riparate. Esattamente ciò che non hanno fat­to gli enti pubblici, sicché c’è poco da rimpiangerli alla guida degli ac­quedotti. Infine, il legittimo impe­dimento. Poiché non esiste - di fat­to - non si capisce perché ci si deb­ba affannare per depennarlo.

Ep­pure guardate un po’ che razza di pandemonio è stato montato per invitare la massa a recarsi al seg­gio. Neanche se si trattasse di deci­dere tra la vita e la morte. I referendari lanciano appelli: raggiungere il fatidico quorum è un imperativo, occorre dare una lezio­ne al Cavaliere. Ma quale lezione? Mettiamo che il plebiscito decreti l’abrogazione delle leggi in questio­ne. E allora? Mica ci smenerebbe il premier. Che volete gliene possa fregare a lui di questa pagliacciata? Zero. Semmai perderebbe qualco­sa il Paese, perché la rete idrica se­guiterebbe a non essere manutenu­ta e in Sicilia - ad esempio - parec­chi rubinetti resterebbero a secco chissà per quanti decenni ancora. Di sicuro il governo non creperà di sete. Non si distrugge una mag­gioranza ( che ha resistito alla dram­matica scissione dei finiani, al terre­moto di Ruby eccetera) con alcuni referendum balordi spacciati furbe­scamente- a spese dei contribuenti - come strumenti per dire sì o no alla permanenza di Berlusconi a pa­lazzo Chigi.

Serve ben altro per pre­tendere un avvicendamento nella stanza dei bottoni: bisogna, come minimo, disporre di una maggio­ranza alternativa in Parlamento o, più correttamente dal punto di vi­sta democratico, vincere eventuali elezioni politiche che, allo stato, so­no improbabili. Quello dei referendum è solo un pretesto per mobilitare l’elettorato e suggestionarlo con una serie di mezze verità e di bugie intere. La sinistra ha rialzato la testa ma le sue quotazioni sono sempre bas­se. Non ha nemmeno la forza di na­scondere la propria debolezza.

So­gna una vaga riscossa. Forse doma­ni sera, a spoglio concluso, festeg­gerà il raggiungimento del quorum e l’affermazione dei Sì. Ma per fare la festa a Berlusconi dovrà attende­re che sia lui a suicidarsi. Campa ca­vallo.

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