Regolarizzati 350 clandestini con documenti rubati ai milanesi

Permessi di soggiorno grazie a false assunzioni di ancor più false aziende, non sono certo una novità assoluta. Nuovo è invece il trucco escogitato per regolarizzare colf e badanti. Una banda, sgominata ieri dai carabinieri, utilizzava infatti fotocopie di vere carte d’identità per far assumere a ignari cittadini fantomatiche collaboratrici straniere. Riproduzioni, sospettano i carabinieri, ottenuti con la complicità di qualche negozio di telefonia, l’unico dove sia necessario lasciare copia dei propri documenti.
In questo modo da settembre in poi il gruppo avrebbe cercato di regolarizzare circa 350 immigrati, metà domestiche, pronti a pagare dai mille ai 3mila euro. Un’attività in cui il capo dell’organizzazione, Luigi Troiano di 56 anni, era da anni specializzato. Già arrestato nel 2006 infatti, era stato poi scarcerato e attendeva a piede libero la celebrazione del processo. E nel frattempo aveva ripreso la sua attività, anche perché, come sottolinea il vice sindaco Riccardo De Corato, il lavoro non manca, essendoci un bacino di circa 50mila potenziali clienti. E in breve aveva aperto due sedi in via Farneti e via Toffetti, una sorta di «dependance» dell’Ufficio Stranieri.
Troiano era però sotto osservazione dei militari della prima sezione del Nucleo investigativo già da settembre, sia perché il «lupo perde il pelo ma non il vizio», sia perché qualcuno aveva confermato come il «regolarizzatore» avesse in effetti aperto nuovamente bottega. Semplice e collaudato il meccanismo: creare società, meglio se cooperative di facchinaggio o pulizia, assumere lo straniero e ottenere così la regolarizzazione. Ma a questo si era aggiunta una nuovo «settore d’impresa», cioé l’emersione dal lavoro nero di domestiche o badanti. Una normativa dell’anno scorso consente infatti a qualunque cittadino di assumere una donna senza particolari difficoltà. Basta infatti fare richiesta «on line», aspettare la chiamata della prefettura, presentarsi con la dipendente e uscire con il permesso di soggiorno.
Per fare questo Troiano e soci, utilizzavano riproduzioni di documenti perfettamente in regola, recuperati quasi sicuramente da qualche «dealer» telefonico a cui è per legge necessario lasciare estremi e fotocopia quando si attiva un nuovo numero. Oltre quaranta ignari cittadini, poi interpellati dai carabinieri, sono caduti dalle nuvole giurando di non aver mai assunto alcuna colf. Superato il primo ostacolo resta il secondo: una «faccia» da portare agli uffici competenti. Per questo la banda utilizzava la falsa procura autenticata da un notaio inesistente. Una pratica frequente poiché, trattandosi di badanti, il datore di lavoro è quasi sempre invalido e quindi deve per forza farsi rappresentare da parenti o amici.
I militari dell’investigativo coordinati dal tenente colonnello Antonino Bolognesi e dal maggiore Giacomo Tessore, si sono appostati davanti ai due «uffici» e hanno iniziato a registrare i movimenti. Intercettando anche gli estremi delle varie domande, da bloccare poi tempestivamente presso il ministero degli Interni. E dopo aver ampiamente documentato la febbrile attività delle due «agenzie», ieri hanno fermato sette persone.

Oltre a Troiano, sono finiti in carcere Roberto Dossena, 64 anni, e Cecilio Fuser Bassini, 51, mentre Ezio Sabbioni, 62, Franco Costantini, 68, Luigi Passavanti di 54, e un cinese di 25 anni hanno ottenuto i domiciliari.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica