«Rendiamo ineleggibile chi crea buchi di bilancio»

A Guido Crosetto, «gigante buono» del Pdl, proprio in queste ore di bagarre elettorale, è venuta in mente un’altra idea «salva-liste». Sottosegretario, vuole spiegarci di cosa si tratta?
«Molto semplice. Servirebbe una legge per escludere dalla competizione i politici che hanno già dato prova di lavorare male».
E quale sarebbe la prova per dimostrarlo in maniera inconfutabile?
«Innanzitutto, andando a confrontare i bilanci degli enti amministrati con quelli degli anni precedenti, e vedere se hanno lasciato delle voragini nei conti pubblici».
Beccati i veri impresentabili...
«È l’unico modo per responsabilizzare, per esempio, chi ambisce a diventare governatore. Ma si può estendere il discorso a ministri e onorevoli. Non ha senso avere la faccia tosta di ripresentarsi quando si combinano dei disastri...».
A chi sta pensando?
«In Piemonte Mercedes Bresso ha triplicato il debito. Solo per questo motivo non le dovrebbe essere data la possibilità di riprovarci».
Ad andar bene, le diranno che è un’iniziativa «contraria allo spirito costituzionale». Ormai va di moda...
«Invece è giusto che un artigiano che dichiara bancarotta per poche migliaia di euro perda il diritto di voto attivo e passivo, mentre un amministratore che sperpera risorse della collettività ne esce comunque indenne? Pure se non viene rieletto, dopo un po’ lo ritroviamo in Parlamento o su qualche poltrona ancora più comoda».
I professionisti della politica, del resto, guadagnano piuttosto bene.
«Eppure non sono d’accordo col fissare un tetto agli stipendi di tutti, buoni e cattivi. Come nel privato, il manager che fa crescere la propria azienda merita i soldi che prende, gli altri dovrebbero mollare posto e privilegi».
Parliamo dei buoni. Quali Regioni, applicando il suo metodo, sono state governate meglio?
«Lombardia e Veneto. Ma, onestamente, anche l’Emilia dei nostri avversari».
I bocciati?
«Piemonte, ovvio. Poi Campania, Puglia, Lazio...».
E qui gli elettori dovrebbero essere in grado di restituire il «colpo»... non crede?
«I cittadini non sempre vengono messi nella condizione di poter giudicare. Perché c’è un meccanismo perverso: chi allarga il buco con il clientelismo, alla fine, raccoglie voti. In Puglia non c’è paragone tra la condotta attenta messa in campo da Fitto rispetto a quella di Vendola, che ha allargato senza controllo i cordoni della borsa. E adesso tenta perfino di passare per virtuoso».
Ognuno ha i suoi pasticci. Presentare le liste non era una formalità?
«In Lombardia il peccato è stato veniale. Nel Lazio qualcuno ne ha commesso uno mortale e dovrà pagare per questo, altrimenti ci rimettiamo tutti quanti. Per non pensare all’enorme danno d’immagine al partito».
Pazienza, tanto c’è il decreto.
«La democrazia è stata messa a rischio per colpa grave, i responsabili li conosciamo. Il governo è stato costretto a intervenire per rimediare a una situazione che sarebbe stata inaccettabile. Napolitano ha dimostrato cosa vuol dire essere sopra le parti. Mentre Di Pietro ha perso l’ennesima occasione per stare zitto».
Gli alleati della Lega, per la faccenda degli strafalcioni, sono saliti in cattedra. Davvero sono diventati più «sgamati» di voi?
«“Dilettanti allo sbaraglio” non vale per tutti.

In Piemonte lavoriamo gomito a gomito con i dirigenti leghisti per sostenere l’ottimo Roberto Cota, e vi assicuro che nessuno nel Pdl può nutrire complessi di inferiorità. Sappiamo bene come si vincono le sfide alle urne. E quand’è il momento di andare a mangiare un panino di fronte al tribunale...».

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