Il giudizio dellOcse (lorganizzazione che riunisce i Paesi industrializzati) sullo stato di salute della nostra economia e sulle sue prospettive, conferma in pieno tutto ciò che abbiamo scritto in queste ultime settimane. Nei prossimi due anni, secondo lOcse, il deficit di bilancio resterà superiore al 3%, la crescita economica, che nel 2006 sarà di 1,7-1,8, è di oltre mezzo punto in meno della media dei Paesi della zona euro e rallenterà ulteriormente nel 2007, mentre la competitività del sistema Italia resterà al palo, perdendo ulteriori quote di commercio internazionale. Già nel terzo trimestre di questanno la crescita economica è, infatti, rallentata rispetto ai primi due trimestri e landamento calante verrà confermato nellultima parte dellanno. Le previsioni per il 2007, a questo punto, sono peggiori delle pur modeste aspettative del governo, che ha parlato di una crescita dell1,4%.
Fuori dai numeri e dalle cifre resta la certezza di un dato sul quale, invano, da tempo richiamiamo lattenzione di tutti. Senza crescita economica nessun risanamento dei conti pubblici sarà possibile. Su questo terreno lambiguo ragionamento della Commissione europea e della stessa Banca dItalia, entrambe piegate allossequio della ragion di Stato, non aiuta a far capire la gravità dei problemi che affliggono da troppo tempo lItalia. Da oltre dieci anni siamo la cenerentola dEuropa per tasso di crescita, e in questo periodo abbiamo perso quasi la metà delle nostre quote di commercio internazionale, passando dal 4,7% dei primi anni 90 al 2,5 di questanno. Inoltre, limpatto che la Finanziaria avrà su questa situazione economica sarà ulteriormente devastante.
Quando nel prossimo gennaio le nuove aliquote Irpef toglieranno quattrini a chi guadagna poco più di 2500 euro netti al mese e quando tutti, nessuno escluso, si accorgeranno della raffica di aumenti (bollo auto, tariffe varie, Ici, addizionali comunali e regionali e mille altri piccoli prelievi tributari), la domanda di consumo rallenterà. Sullaltro versante gli investimenti privati segneranno il passo per laumento della pressione fiscale e per linstabilità del quadro politico, così come gli investimenti pubblici, appesantiti dalla scarsità delle risorse e dalle incertezze procedurali. Insomma, non cè né una politica della domanda nel breve periodo e men che meno, nel medio termine, una nuova e più forte politica dellofferta (ricerca, innovazione, formazione, produttività del lavoro) capaci di dare quella famosa «scossa» alleconomia italiana di cui tanti hanno parlato negli ultimi mesi. La nostra non è, né vuole essere, una sciocca e astiosa polemica nei riguardi del governo, ma solo un reiterato e motivato allarme sullincapacità della politica di fare il suo mestiere.
Per troppo tempo ci siamo trastullati con i tecnici al governo delleconomia, e per troppo tempo ciascun partito ha urlato la propria presunta diversità, iniettando nelle vene del Paese quel micidiale veleno dellincertezza che toglie la fiducia nelloggi e la speranza nel domani. Cosaltro dunque deve accadere perché si volti pagina? Il ministro dellEconomia Tommaso Padoa-Schioppa ha dimostrato ancora una volta linadeguatezza dei banchieri centrali quando vengono chiamati a guidare leconomia (prima di lui lo hanno dimostrato Ciampi e Dini). La protesta generale contro la Finanziaria è troppo forte per potersi girare dallaltro lato e far finta di niente. O si cambia maggioranza o si torna a votare, o almeno si abbia il coraggio di mettere alla guida delleconomia un uomo politico capace di dialogare in maniera più fruttuosa nel Parlamento e nel Paese.
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