La rete di Netflix ha già catturato un gran catalogo

La rete di Netflix ha già catturato un gran catalogo

La diatriba degli ultimi anni su Netflix (uccide il cinema o no?), avrà ricordato a molti ciò che diceva tempo fa chi rivendicava la sola possibile visione dei film nelle sale, rifiutando il piccolo schermo. Se parliamo di quel linguaggio preesistente alla smart tv e al digitale, forse gli integralisti del cinema big size non avevano completamente torto.

Oggi, invece, il discorso non si può più affrontare in questi termini per almeno due ragioni, una estetica e una produttiva. All'ingresso degli anni '20 del Duemila (fa impressione scriverlo) chi fa cinema ha dovuto sviluppare o adattare il proprio sguardo alla molteplicità di supporti, la scrittura e la costruzione tengono conto della possibilità di mettere in pausa il film, diluendone così la visione nello spazio e nel tempo. Poiché le opzioni sono molte e così le lingue - oggi la regola è vedere i film in versione originale, cosa che un tempo era un'eccezione quasi snob - non esiste un solo pubblico, ma una molteplicità di utenti, ragion per cui Netflix può produrre e distribuire qualsiasi tipo di cinema, soprattutto d'autore, quando invece le sale sono costrette per questioni di mera economia a giocarsela su pochi titoli prevalentemente di largo consumo. Se le serie rappresentano ancora il grosso del prodotto, il film canonico (quello che inizia e finisce) sta crescendo esponenzialmente, sia per le produzioni ad hoc sia per i sempre più interessanti repechage; d'altra parte una delle funzioni fondamentali della rete è essere un archivio infinito di dati, ben più accessibile e immediato delle vecchie cineteche.

Sono ormai lontani i tempi in cui ai festival storcevano il naso quando si presentava una produzione Netflix. Nel 2018 erano in molti e importanti a contestare Cannes e Venezia per tale apertura, nel 2019 tutti concordi che la salvezza del cinema sta passando da qua. In effetti è oggettivo l'ottimo catalogo dell'anno che sta finendo, chiudendo in bellezza con Marriage Story, scritto da Noah Baumbach e interpretato da Adam Driver e Scarlett Johansson, I due papi di Fernando Meirelles con altri due straordinari attori, Anthony Hopkins e Jonathan Pryce, e soprattutto The Irishman, il capolavoro senile di Martin Scorsese nel tema prediletto fin da inizio carriera. Esempi di cinema intelligente, con sfumature diverse, tarato su un'audience che non mette al primo posto l'intrattenimento, film lunghi che superano le due ore - nel caso di Scorsese sono più di tre e mezzo. Anche sul versante di quel che anticamente si chiamava Blockbuster, Netflix si butta sulla sperimentazione in 6 Underground (pareri molto discordi tendenti alla bocciatura), pura azione senza quasi trama, alle soglie dell'avanguardia visuale.

Un catalogo eccellente che merita il massimo dei voti.

El Camino, cioè il prequel di Breaking Bed e Diego Maradona; due lavori di Steven Soderbergh, High Flying Bird e Panama Papers, il ritorno di Eddie Murphy (Dolemite is My Name) e Keanu Reeves che fa se stesso in Finché forse non vi separi. Con l'opzione di mettere tutto in stand-by e andare al cinema, che comunque non fa mai male.

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