«Molti nemici, molto onore», diceva Lui. E prima di lui, pare, Giulio Cesare prima di affrontare i Galli di Vercingetorige nella proporzione di uno a dieci. Calato nei giorni nostri, il motto pare cucito apposta per il ministro dellEconomia, Giulio Tremonti. Carattere spigoloso, battuta tagliente, uomo di brevi rancori e di rapidi perdoni, il Professore non cerca il consenso a ogni costo. Inevitabilmente pesta i calli di molti piedi nobili.
Nascono così, e si rafforzano nel tempo, le due galassie: pochi tremontiani, molti antitremontiani. I pochi sono come i tifosi del Torino, tengono duro davanti ai momenti più bui. I molti sono ondivaghi, vanno e vengono, non hanno una cifra politica comune, ma un «nemico» comune: Tremonti.
Gli elenchi sono sempre antipatici, e fatalmente grossier. Un amico di ieri può essere un nemico di oggi, e viceversa. Prendete Romano Prodi: da capo del governo, e ancor più da presidente della Commissione europea, si beccava gli strali tremontiani un giorno sì e uno no. Oggi i due si sono riavvicinati. In una lettera dello scorso febbraio al Messaggero, il ministro dellEconomia lodava apertamente la posizione di Prodi sulla crisi finanziaria, in risposta a un altro articolo in cui il Professore bolognese plaudiva ai risultati del G7 di Roma. Non cè riconciliazione, invece, con lex ministro delle Finanze Vincenzo Visco: la battuta «Visco alle Finanze è come Dracula allAvis» ha scavato un fossato incolmabile. Ma per quei paradossi così frequenti in politica, oggi Tremonti deve - per motivi di bilancio - difendere il gettito dellIrap, limposta ideata proprio da Visco.
La Lega sta con Tremonti, gli ex di An gli fanno la guerra. Anche qui stiamo semplificando un po, ma restano comunque indimenticabili i duelli allarma bianca con Gianni Alemanno, nominato «giannizzero» da Fini, a guardia degli interessi di An nel secondo governo Berlusconi. Accadde allora il fattaccio: il ministro del Tesoro, nel 2004 si chiamava ancora così, venne sacrificato. Fini ne chiese la testa, accusandolo di «scarsa collegialità», e lottenne. Lo richiamarono, come un Cincinnato, un anno dopo per confezionare nel giro di una settimana la legge finanziaria. Arrivò da solo a Washington alla riunioni del Fondo monetario, e incontrando un giornalista in ascensore gli disse sorridendo: «Attento, se no ti faccio dare delle botte». Si riferiva al governatore Antonio Fazio, che aveva detto le stesse parole, qualche settimana prima, a Valerio Staffelli che tentava di consegnarli un tapiro doro.
Lepisodio ci porta dritti dritti al difficile rapporto fra Tremonti e la Banca dItalia, la tecnostruttura giudicata «irresponsabile», nel senso che pontifica su tutto lo scibile economico, ma non ha la responsabilità di tradurre i precetti in pratica. Con Mario Draghi, che pure allinizio aveva tentato il negoziato, i rapporti sono freddi, a volte tesi. Tremonti vede in lui luomo della Goldman Sachs, appartenente a quella finanza che ha precipitato il mondo nella crisi, e - diciamolo - cè anche una questione di pelle. Capita. A cascata, i rapporti con il mondo bancario sono difficili, soprattutto con chi, come Corrado Passera e Alessandro Profumo, hanno rifiutato i «Tremonti bond».
Lelenco dei politici antitremontiani porterebbe via mezza pagina. Per sintetizzare, mettiamo nel pentolone i ministri ai quali il nostro ha sottratto soldi e ruolo (per esempio, Scajola, Fitto e Prestigiacomo), alcuni alti papaveri di via dellUmiltà (dove è stato partorito il «papello alternativo» di politica economica), il sindaco di Milano Letizia Moratti. Scontata lostilità della Cgil e della sinistra, con alcune eccezioni, da Enrico Letta a Giuliano Amato, consoci nellAspen Institute. Fra i tremontiani doc, il leader della Cisl Raffaele Bonanni, il ministro del Welfare Maurizio Sacconi, i leghisti in un sol uomo (o quasi), il banchiere Massimo Ponzellini. Prova spiccata simpatia per Tremonti il ministro dellEconomia francese, la signora Lagarde. Il commissario Almunia fa il burbero in pubblico, ma in privato è comprensivo.
E Silvio Berlusconi? Lo ama e, qualche volta, lo mal sopporta.
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