Il retroscena Amministrative, il Carroccio alza la posta

Roma«Per ora non alziamo la voce che c’è in ballo il federalismo. Poi si vedrà...». L’ordine di scuderia arriva direttamente da Umberto Bossi e il Carroccio - che è partito di pochi colonnelli e molti soldati - ubbidisce e prende tempo. La corsa alle amministrative di giugno, però, è iniziata già da qualche settimana, con riunioni a via Bellerio e un attento studio della strategia. Ovviamente movimentista, per drenare altri voti («faremo il pieno», è la convinzione del Senatùr) ma pure per cercare di rintuzzare i primi segni di insoddisfazione strisciante tra i militanti leghisti. Che, spiega il presidente federale Angelo Alessandri, «hanno dovuto inghiottire un po’ di rospi». E via a elencare, dal caso Malpensa alla deroga per Roma sui vincoli del patto di stabilità.
Così, nonostante il rapporto personale tra Berlusconi e Bossi resti saldissimo, il Carroccio ha iniziato a giocare la sua partita «parallela» al governo. E infatti ancora non ha sciolto il nodo delle alleanze alle amministrative perché, dice Matteo Salvini, «li aspettiamo al valico». Dove per valico si intende il via libera del Senato (oggi) e della Camera sul federalismo fiscale (prima di giugno, chiede la Lega). Per il momento, insomma, «abbiamo preparato liste per andare soli ovunque con nostri candidati, poi si vedrà». Sulla stessa linea Alessandri che correrà per la poltrona di sindaco di Reggio Emilia in solitaria («ma la scelta è concordata con il Pdl»). Poi c’è chi getta benzina sul fuoco, per alzare il prezzo delle trattative in corso e continuare a tenere alta l’attenzione. Si spiega solo così il fatto che la vicepresidente dei deputati del Carroccio Manuela Dal Lago vada a dire in giro che «in alcuni comuni più piccoli la Lega è pronta ad andare anche con il Pd». Messaggio recapitato tra gli altri a Giorgio Stracquadanio, deputato di casa a Palazzo Grazioli, perché - spiega l’interessato - «arrivi a chi di dovere». Un’eventualità piuttosto remota - «vogliono solo più forza contrattuale», dice Stracquadanio - che però non si sente di escludere categoricamente Guido Crosetto. Qualche giorno fa, d’altra parte, il sottosegretario alla Difesa lamentava con un suo collega la «concorrenza sleale» della Lega che a sorpresa chiede la presidenza della Provincia di Cuneo per Michelino Davico salvo poi escludere che in caso di vittoria si dimetta da sottosegretario all’Interno. D’altra parte, le richieste leghiste sono alte: solo in Lombardia, per esempio, il Carroccio sta puntando i piedi sulle presidenze di tre Province di peso come Bergamo, Brescia e Sondrio.
Un crescendo, dunque. Che spazia dalla partita delle alleanze a qualsiasi provvedimento in discussione in Aula. E che ovviamente ha coinvolto anche la riforma della giustizia, visto che ieri, appena uscito dal vertice di Palazzo Grazioli, il leghista Matteo Brigandì non ha perso tempo a dire che sulle intercettazioni la Lega restava sulle sue posizioni. Alla fine l’accordo si è trovato ma, spiega un ministro vicino al Cavaliere, «non c’è una volta che non si facciano pregare...». Come al solito, dunque, Berlusconi media e - come confidava ieri mattina in privato - fa «esercizio di pazienza». Il punto, però, è che la linea movimentista del Carroccio rischia di produrre anche effetti indesiderati se durante la visita a Nuoro il premier non ha esitato a dire che «le presunte divisioni» hanno portato a «un calo di 4-5 punti» nel gradimento del governo.
Intanto oggi toccherà al Senato approvare il federalismo fiscale, con il Pd diviso tra nordisti e sindaci (che vorrebbero almeno un’astensione) e i vertici del partito, insoddisfatti dalla relazione di Giulio Tremonti che ieri ha detto di «non poter dare cifre» sull’impatto finanziario della riforma finché non si entrerà nel merito di ogni singola materia.

Comunque vada, il testo passerà alla Camera dove non sarà facile votarlo prima delle elezioni come chiede la Lega: perché il mese prima del voto i lavori sono sospesi, perché c’è Pasqua di mezzo, perché è ancora in ballo la riforma Brunetta e perché a Montecitorio arriverà la riforma della giustizia (che certamente sta molto a cuore al presidente della Camera Gianfranco Fini). Una decisione, comunque, la si prenderà mercoledì prossimo, quando la capigruppo stabilirà il calendario dei lavori di febbraio e marzo.

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