Bisognava spegnere i riflettori, per far luce sulla vera storia dellinchiesta di Trani. Nella caccia alla «talpa» responsabile della fuga di notizie sullinchiesta Rai-Agcom che ha coinvolto il premier Silvio Berlusconi, gli ispettori del ministero della Giustizia sospettano un «modello De Magistris»: sentendosi scaricato dal suo superiore, uno dei sostituti procuratori avrebbe attirato lattenzione mediatica, passando le carte al Fatto Quotidiano. Linchiesta era partita a settembre da un presunto caso di usura a danno dei titolari della carte di credito revolving American Express. Un paio di mesi dopo il pm titolare dellinchiesta Michele Ruggiero aveva ottenuto dal procuratore capo Carlo Maria Capristo lautorizzazione alle intercettazioni telefoniche, quelle che hanno portato alle telefonate tra Berlusconi, il direttore del Tg1 Augusto Minzolini, il commissario Agcom Giancarlo Innocenzi. La tessera che manca al mosaico è lo scontro che per mesi si protrae fra Capristo, Ruggiero e i suoi collaboratori. A metà dicembre Capristo segnala al sostituto che quellinchiesta che nessuna attinenza ha con le indagini sulle carte di credito né con le competenze di una procura periferica come quella di Trani, non può proseguire. Lufficio di Ruggiero si impunta, Capristo non cede. E il 18 dicembre nega la proroga alle intercettazioni. È allora che inizia il braccio di ferro di cui gli ispettori in questi giorni hanno preso atto ufficialmente.
Perché Ruggiero spinge per continuare le indagini, tanto che Capristo decide di approfittare della rotazione già prevista per spostarlo dallufficio indagini sulla pubblica amministrazione. Sono i primi di marzo quando il consiglio interno firma la destinazione ad altro incarico del pm. Il 12 i dettagli dellindagine sono sul Fatto e il premier risulta iscritto nel registro degli indagati.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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