Politica

Il reuccio di Napoli

Se ricordo bene - sono ormai passati quindici anni - quando i magistrati di Napoli fecero piazza pulita della Dc di Gava, l’entusiamo per l’opera di moralizzazione partì dalla Campania e attraversò tutta la penisola italica. Si diceva che finalmente era stata distrutta la diabolica connessione malavitosa tra politica e affari, che si era dato spazio a una nuova classe dirigente immune dalla corruzione, che si lasciava finalmente respirare una società asfissiata dall’illegalità legalizzata dai compromessi politici.
Sempre se ricordo bene, si faceva allora il paragone con Palermo e la Sicilia dove, invece, si diceva che la magistratura non era riuscita a distruggere il rapporto tra mafia e politica, che la società rimaneva imbrigliata nelle vecchie logiche di potere della Democrazia cristiana e dei suoi alleati e che, di conseguenza, l’isola e il suo capoluogo sarebbero stati destinati a rimanere in una permanente semilegalità, senza sviluppo economico e sociale.
Oggi, osservando quello che accade a Napoli e quello che accade a Palermo, bisogna constatare che i problemi della città siciliana sono certamente più circoscritti e contenuti rispetto a quelli della città napoletana. Qui ormai la situazione è fuori controllo, la criminalità è dilagante, si invoca la presenza dell'esercito con funzioni di polizia. Eppure a Napoli non aveva trionfato la questione morale? Bassolino, i Ds e i democristiani bravi e buoni della Iervolino non dovevano rappresentare il nuovo volto onesto e pulito della politica, in grado di far rinascere la città partenopea? E per Palermo, dove non era stato tagliato il cordone ombelicale tra la vecchia Democrazia cristiana dei Mannino e quella odierna dei Cuffaro, non si profetizzava invece un futuro di disastri?
Con le dovute e sensate cautele sta molto meglio la Palermo di Cuffaro della Napoli di Bassolino e soci. Perché? Perché l’onda giustizialista moralizzatrice della magistratura napoletana ha distrutto la politica. Bassolino e i suoi soci governano la Campania e il capoluogo avendo sistematicamente annientato qualsiasi forma di opposizione, anzi, il fatto significativo è che l’unica opposizione a Bassolino viene dal sindaco di Salerno che è del suo stesso partito, dei Ds.
La società trova le sue possibilità di integrazione e aggregazione se la politica non viene distrutta, perché la società si rappresenta attraverso la politica. Ma quest’ultima per esistere deve potersi esprimere attraverso un dibattito reale, attraverso la dinamica di maggioranza e opposizione, attraverso la rappresentazione di istanze collettive conflittuali o contraddittorie di cui si cerca politicamente una sintesi.
A Napoli invece abbiamo assistito al trionfo dei giusti e alla distruzione della politica. Il potere di Bassolino è totale, e con l’annullamento della dialettica tra maggioranza e opposizione è stata disgregata anche la società civile. Palermo non è il paradiso in terra, ma là c’è un dibattito politico e sociale reale dove non si è impedito all’opposizione di esercitare il suo ruolo, dove intervengono i magistrati a dire la loro, dove ci sono le verifiche dei commissari spediti da Roma, dove c’è una società locale e nazionale che riesce ad esercitare un controllo.
A Napoli arriverà l’esercito oppure si creerà una città presidiata dalla polizia, si metteranno in galera un po’ di persone... E poi? Poi il problema resta, perché il fondamento del disastro campano-napoletano è politico ed è la politica campano-napoletana che deve cambiare.

Soltanto la complessità politica con il suo dibattito reale e le sue sintesi è in grado di aggregare la società; soltanto la libertà di critica e non l’omologazione potranno recuperare una società relegata nell’illegalità dal vuoto politico del potere bassoliniano.

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