Il primo atto politico del nuovo partito di Gianfranco Fini è allearsi con la sinistra contro il Pdl. Sta succedendo in queste ore in Sicilia, dove il governatore Lombardo ha insediato una nuova giunta sostenuta da Pd, Fli e pezzi dell’Udc. Fedeli e leali con la maggioranza, aveva giurato il presidente della Camera dal palco di Mirabello. Sono passate solo poche settimane ed ecco il ribaltone, prova generale di quello che in realtà Fini e i suoi vogliono fare in Parlamento se solo si creeranno le condizioni. Centinaia di migliaia di voti raccolti da candidati del centrodestra consegnati nelle mani di Bersani e compagnia in cambio di un paio di poltrone. Eccolo nei fatti il programma politico di Fini, eccola la sua coerenza e affidabilità. Dopo aver tradito il popolo missino, dopo aver tradito quello berlusconiano, ora tradisce anche chi, ingenuamente, ha creduto alla favola di un «nuovo centrodestra, moderno, europeo e liberale».
Questa volta gli sono bastati pochi giorni, al riparo della cortina fumogena sul presunto mercato dei voti che Berlusconi avrebbe aperto alla Camera e che nella realtà è soltanto la crisi di coscienza di deputati eletti in liste collegate al centrodestra che non se la sentono di seguire Fini e Casini nella sciagurata opera di demolizione del governo e per questo disposti a formare un nuovo gruppo a sostegno della maggioranza. Nulla a che fare con quanto sta succedendo a Palermo, dove l’ex leader di An ha saltato il fosso della politica e svenduto i suoi voti al nemico. Dal saluto fascista all’abbraccio con la sinistra di Vendola, comunista reo confesso, transitando per gli arazzi, i velluti e i valletti della presidenza della Camera: un vero capolavoro di coerenza e affidabilità.
Se questo era il programma, e lo stile, che Fini voleva «democraticamente» imporre all’intero Pdl, c’è da accendere un cero alla Madonna che sia andata come è andata. Nella manovra siciliana è racchiuso il peggio della vecchia politica, di chi di politica deve campare costi quel che costi. Elettori ed eletti servono solo a fare soldi per la cassa del partito, a volte anche per le proprie tasche. E se poi entrambi i conti non tornano, c’è sempre la possibilità di farli quadrare in altro modo, magari svendendo pezzi del patrimonio immobiliare al primo che passa (o magari ad amici e parenti), meglio se tramite una società dei paradisi fiscali, così non resta traccia.
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